Il tocco magico di Salvatore Campilongo. Una storia a colori, la sua storia. «Una grande emozione questa promozione, un’immensa felicità trovarmi qui a Ischia a festeggiare il successo in questo campionato». Ogni racconto ha le sue parole, ma soprattutto le sue immagini.
Campilongo, più facile di così…
«Dall’esterno può sembrare che sia stato semplice. Ma perché nessuno ricorda la sconfitta di Battipaglia dove noi, la squadra da battere, venimmo presi a pallate come fossimo dei pupazzi. Era la seconda giornata di campionato e lì ci rendemmo conto di cosa ci avrebbe atteso durante la stagione».
Il destino delle corazzate.
«E noi dopo il primo impatto abbiamo imparato la lezione. E pure molto bene. Sono orgoglioso di questo gruppo e di questa impresa».
Che ha la sua firma?
«Erano dieci anni che non mettevo piede in serie D: non conoscevo i giocatori, gli avversari, i campi… Mi sono messo in discussione. Sarebbe stato più semplice attendere una chiamata da una squadra di serie C che prima o poi sarebbe arrivata».
E invece ha detto di sì al progetto di Carlino.
«E ho fatto bene. Anche se a un certo punto, quando le cose cominciavano ad andare bene e non perdevamo più, il calcio professionistico mi è cominciato a mancare».
Ha passato anche un momento personale difficile.
«Una dolorosa infezione virale all’orecchio, una terribile labirintite. Per due settimane non mi sono retto in piedi. Ma i miei ragazzi non li ho mai mollati: contro il Matera mi sono fatto stendere su una barella negli spogliatoi e da lì ho guidato i giocatori alla vittoria. Ora sto meglio».
Ed ora?
«Non lo so cosa farò il prossimo anno, non so ancora se resto qui, lo ammetto».
All’Ischia puntano su di lei, però?
«Lo so, con i dirigenti ho un rapporto meraviglioso. Ma devo parlare con il presidente, capire cosa intende fare in termini di logistica. Vivere su un’isola non è semplice, i problemi sono tanti. Se continua a seguire i miei consigli, resterò. Altrimenti…».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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