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Campagnaro, una garanzia

Dal mese di dicembre il difensore argentino non ha più perso il posto da titolare

“Yes, I can”: e senza mai sussurrare una parola, né esprimere un’emozione, né denunciare una pausa, Hugo Campagnaro ha dimostrato che, certo, si può. Il 7 dicembre 2012: sant’Ambrogio, però anche la serata in cui uno spiffero milanese tra via Durini e Piazza san Babila suggerisce che ormai c’è stata una stretta di mano, che Hugo Campagnaro può essere considerato interista sino a prova contraria, che è vero, c’era anche la Juventus, che il napoli s’era preso (troppo) tempo, rifletteva e poi ha lasciato perdere. Sei mesi a giugno, più di mezzo campionato: in mezzo pure l’Europa League e la coppa Italia, e nell’aria persino il pericolo che Grava e Cannavaro potessero essere squalificati. Teste fasciate, però senza ragione. L’8 dicembre è la vigilia d’una gara improvvisamente stranissima, in cui Campagnaro deve infilare tutto: il suo presente, il suo passato e ormai anche il suo futuro, perché il sospiro è divenuto notizia e circolano pure i dettagli, biennale sontuoso. Lui va in panchina, osserva quello stadio maestoso, dentro è un tumulto ma tace e pure Mazzoni, il suo procuratore: però ormai è tutto chiaro. 

BENEAMATO – Cannavaro e Grava sono ai margini, il 17 dicembre: a Siena è emergenza (anche psicologica) assoluta, Fernandez s’è appena fatto bocciare ancora una volta, non ci sono destri naturali a sufficienza e gioca Campagnaro. Sarà un caso – e non lo è – ma da quel giorno il toro non esce (quasi) più in campionato dalla formazione titolare, torna ad essere il riferimento principale della linea a tre, aspetta che rientri Cannavaro e resta al suo posto: ruotano gli altri, non lui, e così importa che sia (contrattualmente) un separato in casa? 
AMICI COME PRIMA – Chissà mai se fioriscono leggende metropolitane o se realmente, come sembra, Aurelio De Laurentiis sia andato nello spogliatoio, un bel giorno, a rasserenarlo: nessuna forma di irritazione per un congedo annunciato largamente, semmai – come offerto ai cronisti – solo il dispiacere per non aver ricevuto una telefonata dalla società «concorrente» che gli ha strappato l’argentino: «Mi sarei aspettato che lo facessero. Io l’avrei fatto». L’Inter ha scelto il profilo basso, evidentemente, o una forma di discrezione che verrà poi svelata dal tempo, al solito un galantuomo: ma moralmente Campagnaro riesce a stemperare l’amarezza mostrando la sua faccia migliore, ch’è racchiusa in quel senso di professionalità ribadito ad ogni partita e che non conosce un calo di tensione, men che meno la distrazione. L’argentino è vivo, presente, autorevole: sistematicamente il migliore in campo, la garanzia di sempre. E’ incurante d’una situazione paradossale ma autentica, però ne è distante: non viene condizionato dalla ormai accertata destinazione, è concentrato sul Napoli e assicura a Mazzarri le sicurezze consuete. 
DICE TRENTATRE’ – Ad indurre il management di Castelvolturno a una prolungata meditazione è la carta d’identità: quella di Hugo Campagnaro ormai è appesantita dai trentatré anni, però il fisico è di un guerriero. C’è solo un attimo di appannamento verso novembre, che costa al difensore il posto: ma poi viene fuori il carattere, la determinazione, il desiderio di sottolineare una volta di più di quale pasta sia fatto uno come lui. Ad undici giornate dalla fine del campionato, Campagnaro ha centotredici presenze in campionato (con quattro gol, l’ultimo alla Lazio nel contesto di un match «mostruoso») e centotrentotto in assoluto e sulla scheda il marchio della professionalità, della serietà. 
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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