Quarantesette arresti e milioni di beni sequestrati: un mega blitz distribuito in ben sei regioni colpisce il clan Mallardo. Si tratta di una operazione condotta dai Ros dei Carabinieri, coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Napoli.
Gli arresti odierni dovrebbero disarticolare la nuova struttura del clan Mallardo, che si era riorganizzato dopo la cattura e la condanna dei capi storici ed aveva trovato alleanze con altri gruppi camorristici. Secondo gli investigatori il clan Mallardo, egemone a Giugliano in Campania e con diramazioni nel Lazio, in seguito all’ergastolo dei capi storici, i fratelli Giuseppe e Francesco Mallardo, si era riorganizzato sul territorio mantenendo il controllo delle attività estorsive e dei traffici di droga.
Il blitz ha riguardato la Campania, il Lazio, l’Emilia Romagna, l’Abruzzo, la Calabria e la Lombardia.
Le ordinanze di custodia cautelare eseguite sono 47, mentre i sequestri di beni mobili e immobili, tra cui un supermercato e uno yacht valgono oltre tre milioni. Le accuse per gli indagati vanno dall’associazione di tipo mafioso all’estorsione, alla detenzione di armi da guerra.
Le indagini hanno consentito di documentare i rapporti con i clan Licciardi di Secondigliano (Napoli) e Bidognetti di Casal di Principe (Caserta), con i quali erano stati costituiti un ‘gruppo misto’ ed un ‘direttorio’ per la gestione delle attività illecite in numerosi comuni delle province di Napoli e Caserta.
Le indagini del Ros, che risalgono al 2009, in una prima fase hanno delineato la nuova struttura del clan Mallardo di Giugliano, accertando come in seguito alla carcerazione dei fratelli Giuseppe e Francesco Mallardo, capi storici del clan condannati all’ergastolo, la reggenza fosse stata assunta da Raffaele Mallardo, detto Lelluccio Schicchirò e Francesco Napolitano.
Comincia così una nuova fase per il clan Mallardo, culminata in vere e proprie alleanze sia con il clan Licciardi di Secondigliano (Napoli) sia con il clan Bidognetti di Casal di Principe (Caserta), allo scopo di realizzare una gestione unitaria delle diverse attività estorsive. E’ proprio in base a questi accordi che il clan Bidognetti, gravemente indebolito da arresti e ‘pentimenti’, ha potuto mantenere il controllo criminale dell’area di influenza.
Le alleanze hanno dato vita ad un ‘gruppo misto’, con una sorta di direttorio di cui facevano parte Francesco Diana (subentrato nella reggenza del clan Bidognetti a Giuseppe Setola e poi divenuto collaboratore di giustizia), Giuseppe Trambarulo e Giuseppe Pellegrino, in rappresentanza dei Bidognetti, dei Licciardi e dei Mallardo.
Secondo gli inquirenti, questa struttura unitaria era deputata al controllo delle estorsioni ed alla gestione dei proventi illeciti, amministrati in una cassa comune utilizzata anche per ricompensare sia gli affiliati in libertà sia quelli detenuti dei tre clan, allo scopo di evitare nuove collaborazioni con la giustizia.
Nel corso delle indagini sono stati accertati “numerosi e continuativi episodi estorsivi” ai danni di commercianti di Villa Literno, Castel Volturno e Giugliano: nessuno di questi però ha fornito alcuna collaborazione, “a conferma – sottolineano gli investigatori – del dilagante clima di omertà”.
Sempre con il fine di commettere estorsioni, alcuni degli indagati sono accusati di detenzione di armi da guerra e comuni da sparo (alcune delle quali ricevute anche dal boss Giuseppe Setola); tra le imputazioni c’è pure un attentato dinamitardo avvenuto nel 2005 a Castel Volturno ai danni di un imprenditore.
Fonte: Repubblica.it
Secondo quanto si apprende dal Tg3, la ‘nuova cupola’ era intenzionata a colpire l’iprenditore Coppola tramite un attentato all’Holiday Inn, quartiere generale della SSC Napoli.
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