Dategli un pallone e vi leggerà dentro: vi troverà la chiave d’una serata in largo anticipo, ben prima di cominciare ( «è la partita decisiva, bisogna vincerla» ); vi scoverà i movimenti giusti per andare a far male – e in che modo – all’Olympique Marsiglia, per scacciare via tutte le nubi che s’eranno addensate (pure su di lui) all’Olimpico. Dategli un pallone, a Callejon, e vi ribalterà l’umore, stracciando ciò ch’è rimasto di quel venerdì che il Napoli faticava ad elaborare, e risistemando i conti con la Champions, sistemandosi «Partita decisiva ma avevamo molta fiducia nelle nostre qualità. Siamo un grande gruppo»a sei punti in classifica con l’Arsenal e il Borussia
Dortmund e dunque ritrovando energia e autostima mica solo il primato in condominio: «Siamo venuti qua per prenderci i tre punti, era troppo importante per noi» . Dategli una sfera, nello spazio, a destra o a sinistra, e il Callejon ritrovato, che è arrivato a quota cinque, mostrerà quel sorriso scanzonato d’un ragazzo che sa sorridere sempre, anche quando il vento soffia contro e sembra che si sia complicata la nottata: «Abbiamo sempre avuto fiducia nelle nostre qualità, siamo un gruppo che lavora bene: sapevamo che avremmo affrontato una grossa squadra, ma sapevamo anche cosa chiedere a questa trasferta. Nel finale abbiamo sofferto un po’, ma abbiamo meritato. Higuain? Gli manca solo un pizzico di ritmo» . Un pallone, per portaselo a casa, quasi fosse un cuscino, e dormirci sogni d’oro: «Che bello…» .
CHE GUAI – Come va? C’è chi sta meglio, a sentire le voci di dentro: c’è chi sta meglio, in assoluto, di Britos ma soprattutto di Zuniga. La fortuna è cieca, però la sorte: fuori un esterno (Maggio, appena il 15 settembre scorso sotto ai ferri); poi fuori un centrale (Britos, sul quale s’è rovesciato addosso Borriello, mica un normal one); e, praticamente in contemporanea, fuori pure l’altro esterno, Zuniga, al quale la firma sul contratto ha portato di un male, ma di un male… Intervento al menisco, tecnicamente ripulitura e rimozione d’una calcificazione figlia della Nazionale. Mica semplice ricominciare: e quindi non sarà come per Maggio, che ha impiegato trentatré giorni per rientrare; e neanche come Britos, al quale servirà di meno; perché per il colombiano sarà indispensabile un mese e mezzo.
CHE VOGLIA – E allora, di corsa: per quel che si può fare, in casi del genere, e qualcosa sempre si riesce a rimediare. Un po’ di fisioterapia per cominciare, poi il lavoro a Castelvolturno, che condurrà gradualmente in campo: appuntamento a dicembre, forse ai primi, forse alla metà, e una decina di partite da saltare, Champions compresa. Britos ha margini molto più ridotti e la speranza di anticipare rispetto alle tabelle di marcia: il tutore è una noia ma almeno gli lascia la possibilità di tenere viva la muscolatura, di corricchiare. La prognosi prevede quattro settimane, l’ottimismo induce a pensare (a sperare) che ne possano bastare tre.
Fonte: Corriere dello Sport
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