Paolo Cannavaro è sempre lo stesso, ha il tono felpato quando parla con i compagni di squadra e si stiracchia spesso e volentieri fingendo quasi sempre distacco. Ma da venerdì pomeriggio non è più tanto sorridente. L’occhio segue ogni movimento di chi gli sta intorno, la mente intercetta ogni parola, la memoria archivia tutto. La vicenda del deferimento non gli è andata giù. Ha letto ogni giornale, ha ascoltato ogni notiziario sportivo. Al capitano del Napoli non piace l’idea che gli 007 federali del superprocuratore Palazzi non gli abbiano creduto. Che, quel pomeriggio del 6 luglio in cui si è presentato per l’audizione nell’ufficio di via Po rivendicando la sua totale estraneità alla ricostruzione dei fatti resa dal «pentito» Matteo Gianello. «Non mi ha mai detto nulla, non l’ho mai sentito propormi di truccare Sampdoria—Napoli, neppure per scherzo».
Nulla da fare. Era convinto, Cannavaro junior, che guardandolo negli occhi, ascoltando la sua versione, gli uomini della Procura federale avrebbe deciso di archiviare la sua posizione. «Se l’avessi sentito dire quella frase, l’avrei denunciato». Gianello, lo scommettitore, va creduto. Più del capitano azzurro. No, Paolo Cannavaro non vive ore da sorriso stampato in faccia. Lui che del Napoli è il capitano ma anche il simbolo della squadra. Il ragazzo della Loggetta tornato a indossare la maglia azzurra in serie B, lasciando il Parma e il posto da titolare. Il leader della riscossa. Ed è per questo che per Paolo la partita di questa sera ha un valore ancor più importante per il difensore: l’anima del Napoli indosserà la fascia nella serata più significativa. A testa alta. Così come ha fatto anche Gigi Buffon, dopo essere stato travolto dalla polemiche prima della partenza per gli Europei in Ucraina e Polonia. Lo hanno chiamato in tanti, in queste ore, per dargli conforto, per dirgli di non prendersela perché tanto il deferimento è una formalità e non avrà nulla da temere in fase di dibattimento in Disciplinare. Ma la mannaia della squalifica che incombe gli dà enorme fastidio. Ci pensa l’inseparabile compagno Sasà Aronica a regalargli una smorfia, un sorriso. Il gruppo è compatto e dinnanzi ai deferimenti di Grava e Cannavaro diventa di cemento armato. Il manager dei due difensori, Gaetano Fedele descrive «Gianluca e Paolo molto stizziti ma sereni perché la giustizia sportiva ristabilirà la verità».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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