Siamo qui per stupirvi, disse Gigi Buffon gonfiando il petto e indossando i panni del Mago Forrest a poche ore dall’esordio contro la Spagna. Quella che a Danzica poteva sembrare un’esagerazione, piano piano sta assumendo i connotati di un’ipotesi concreta. L’Italia è ai quarti, domenica a Kiev ci sarà la sfida contro l’Inghilterra e l’autostima all’interno del clan azzurro è via via cresciuta a dismisura. Il gioco non è ancora quello sperato, ma le premesse per migliorarlo non mancano. L’importante sarà avere occasioni per dimostrarlo anche dopo Kiev.
Con 117 presenze sulle spalle, Buffon è il capitano di una nazionale che segna poco ma che altrettanto poco incassa: in tre gare, la porta azzurra è stata violata soltanto due volte. La prima dalla Spagna campione del mondo, non dall’ultima squadretta di periferia; la seconda dalla Croazia, ma con la partecipazione attiva di Chiellini. Gigi finora ha fatto il suo, ha parato quello che doveva parare e nulla gli si può addebitare. Ora sotto con l’Inghilterra e a Gigi vengono i brividi, perché proprio contro gli inglesi ha giocato la prima partita con la maglia azzurra.
Era l’8 dicembre del 1993 e Gigi, quindici anni e un bel pezzetto, era il portierino del Parma e della nazionale Under 16, guidata da Sergio Vatta e Antonio Rocca, impegnata nella prima fase dell’Europeo di categoria. Vinsero, a Pula, i ragazzi inglesi per due a zero, grazie alle reti di Carragher (proprio lui) e di Ducros. In quell’Italia, oltre a Gigi, c’era qualche ragazzino che ha fatto più o meno fortuna tipo Raffaele Longo, Fausto Rossini, Claudio Rivalta e (tanti) altri che non sono mai arrivati al successo.
Sono passati quasi diciannove anni da quella partita di Pula eppure Buffon è ancora lì, con il tricolore sul petto e adesso anche con la fascia di capitano al braccio. Insieme con Pirlo, Barzagli e De Rossi è uno dei reduci di Germania 2006 e, alla pari degli altri tre, mette la propria esperienza al servizio dei compagni più giovani. Basta seguire un allenamento della squadra di Cesare Prandelli per capire che martello sia Buffon: nelle partitine non sta mai zitto, incoraggia tutti addirittura anche i «rivali» Sirigu o De Sanctis che giocano dall’altra parte del campo. A uno così anche Wayne Rooney non fa, non può fare paura. Massimo rispetto, certo, ma paura zero. Anzi, dal clan inglese arrivano ogni giorno attestati di stima nei suoi confronti: l’ha elogiato Steve Gerrard, ha parlato di lui anche il collega Joe Hart e Roy Hodgson lo stima in maniera esagerata, ricordando i vecchi tempi alla guida dell’Inter.
Un campione trasversale, Buffon. Che contro l’Inghilterra, a partire da quel giorno di dicembre del ’93, ha avuto alterna fortuna: cinque sfide, due vittorie e tre sconfitte. Se non altro viene da due successi di fila, l’utimo nel 2002 a Leeds con doppietta di Vincenzo Montella, e questo incrementa l’ottimismo suo e di tutto il clan azzurro. Del resto, come dice quel proverbio?
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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