Gigi Buffon, ex portiere della Juventus, ora capo delegazione dell’Italia, ha rilasciato un’intervista a La Repubblica:
A proposito del Gigi bambino: qual è il primo ricordo legato al calcio?
“Avrò avuto 4 anni. I miei, che facevano i professori e avevano due figlie più grandi, l’inverno mi mandavano in Friuli da nonni, zii e cugini. Quando tornavo parlavo solo friulano, avevo scordato l’italiano. Erano juventini, avevano queste maglie vecchie, di una volta, bianconere. Mio cugino mi disse: dai, voglio farti una foto. Mi mise questa magliettona, con i pantaloncini,calzettoni e la bandiera. Ma io non capivo: non avevo ancora questa fascinazione del calcio”.
Viene da pensare avesse una passione per la Juventus.
“Me l’avevano trasferita zii e cugini. Ma a sette-otto anni ero già un bastian contrario, mi piacevano le cose difficili. La Juve vinceva sempre e quello un po’ mi infastidiva. A me piacevano le squadre di provincia: l’Avellino, l’Empoli di Ekström, il Como di Corneliusson”.
Lei, però, sembra impetuoso.
“Da ragazzo ero fatto e finito per società e ambienti del sud. Tipo Roma, Napoli, Bari. Mi alimentavo con la vicinanza della gente, anche quando diventava morbosità. Ma alla fine non sono mai approdato in una di quelle piazze. Nel 2001 mi volevano Roma e Barça, ma scelsi la Juve. Mi hanno guidato mio padre e il mio procuratore. Torino e la Juve mi hanno permesso di ritrovarmi in equilibrio. In una piazza incasinata, per come ero fatto, rischiavo che la bilancia tirasse solo da una parte”
Ora è iniziata la sua seconda vita in Nazionale: che Italia ha trovato?
“I ragazzi li avevo sottovalutati. Hanno uno spessore umano incredibile e non lo avrei detto. E anche dal punto di vista tecnico sono più bravi di quanto si pensi fuori: siamo un’ottima squadra. Dire oggi che vinceremo con certezza sarebbe ridicolo. Ma avremo cuore e logica”.
Spalletti è come lo immaginava?
“Un carattere molto forte, carismatico, a modo suo. Il leader della squadra. È difficile andare in contrapposizione con lui. Poi lo conosci e cogli aspetti umani che ti fanno capire la sofisticatezza dei suoi ragionamenti e quindi delle decisioni che prende. Chiunque lo abbia avuto, dice che è eccezionale. C’è qualcosa di speciale in lui”.
Come vede il futuro?
“Diciamo da direttore sportivo? Dirigente? Metto il punto di domanda, ancora. Ma comunque all’altezza della situazione nelle cose che mi piacciono. Di sicuro voglio essere operativo, non mi piace essere passivo”.
E’ mai stato vicino a lasciare la Juventus?
“Nel 2011 stavo andando alla Roma, ma arrivò Conte che impose la mia conferma. Sono stato 2 volte vicinissimo all’Atalanta, rimasi per Pirlo”.
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