Un’analisi lucida, tra demeriti dell’Italia e meriti della Spagna. A La Repubblica, il capitano degli Azzurri, Gianluigi Buffon, ha riesaminato la gara contro le Furie Rosse: “Io penso che abbiamo perso perché abbiamo trovato una squadra che si è dimostrata superiore. Poi, se vogliamo scendere nelle valutazioni tattiche, che non mi competono, il ct sa analizzare i nostri pregi e i nostri limiti: per me, dopo aver rivisto la partita, capirà benissimo quello che possiamo esprimere in certe partite contro determinate squadre e contro altre”. Nessuna ‘scoria mentale’, però. L’Italia è pronta a ripartire: “Abbiamo una qualificazione da raggiungere tramite i play-off, però nei play-off non ci siamo ancora. Dobbiamo vincere almeno un’altra partita, pensiamo a Israele”.
Peccato per il risultato. Prima di scendere in campo, in casa azzurra le sensazioni erano buone: “Pensavamo, venendo da un bel filotto di risultati, di poter almeno stare in partita. Come avevo detto alla vigilia, il risultato poteva essere anche secondario. Era importante dimostrare di poter fare la gara, creare grattacapi, mantenere il risultato in bilico fino all’ultimo. Così non è stato: in mezzo ai nostri demeriti, che ci sono sicuramente, esistono anche i meriti degli spagnoli. Non mi aspettavo fossero così superiori. Una partita ingiocabile, quindi? Non esistono partite ingiocabili. Esistono dei valori, che non sempre ma spesso emergono e danno delle sentenze. La sentenza emessa da questa partita è che la Spagna ha dimostrato di essere più forte di noi. Bravi loro”.
Ad oggi, infatti, la distanza con la Spagna è ancora tanta, spiega Buffon:“Hanno una qualità eccelsa nei vari singoli, non da oggi ma da dieci anni. Hanno un modo di giocare consolidato in tantissimi anni: se fanno una cosa in campo, sanno perché la fanno. E questa sicurezza te la danno solo il tempo e le vittorie costruite insieme. In più, continuano a sfornare interpreti nuovi”. Immancabile un commento anche sul primo gol di Isco: “Se mi sento responsabile? Sui gol si può sempre fare di più. Quando hai dieci persone davanti, se non vedi partire la palla diventa complicato. È un pelo nell’uovo, me ne rendo conto”.
Basta guardare indietro, testa al presente. C’è un Mondiale da conquistare: “Innanzitutto pensiamo e speriamo di andarci. Una volta ottenuta la qualificazione, avremo quasi un anno davanti: ci saranno tanti altri stage, allenamenti insieme per conoscerci, crescere, affinare determinati meccanismi. Speriamo di qui a giugno di diventare un po’ meno umani anche noi”.
Fonte: GianlucaDiMarzio.com
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