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Bruscolotti: “Napoli da 7, ma ora ci vuole il salto di qualità”

"Squadra promossa, ma manca quell'ultimo dettaglio che ti fa vincere lo Scudetto"

Non fu capitan-scudetto, ma solo per puro altruismo. Perché affidò la fascia tanto cara a quel Pibe con cui spesso e volentieri divideva il tempo libero e la tavola. Oltre al rettangolo verde.
«Ora è tua. Portala con onore e fammi vincere lo scudetto».
Un gesto puro, come quel suo modo di fare il marcatore. Sapendo che il destinatario non solo l'avrebbe onorata, ma anche fatta fruttare. Diego non se lo fece ripetere due volte: lo scudetto arrivò, anzi ne arrivarono due, e poi altre coppe. Tanti trofei per un Napoli unico, con viva speranza che però non resti raro. A chiusura del ciclo, quella Supercoppa italiana del 1990 tanto simile per caratteristiche (stesso avversario) a quella conquistata il 22 dicembre a Doha contro la Juventus in una partita rimessa in piedi due volte da Higuain e poi vinta all’ultimo rigore.
Ma a quei tempi Peppe Bruscolotti aveva già appeso gli scarpini al chiodo. Al Napoli aveva dato tanto, e più di tanti altri: in campo per 511 volte con la maglia azzurra (record assoluto), seminando per molti anni con cura e dedizione. E venendone ben ripagato, poiché il raccolto fu sopraffino. Siamo alla fine di un anno solare caratterizzato dalla conquista di due titoli.

Come ai suoi tempi, giusto?

«Certo, anche per noi in quell'87 fu doppietta, ma le due cose non sono equiparabili».

Ci spieghi.

«E' semplice. La Supercoppa non è paragonabile neanche da lontano a uno scudetto che prevede un percorso lungo e tortuoso. E nemmeno la Coppa Italia si può raffrontare a quella di 27 anni fa. A questa s'è arrivati in pochi match, per noi fu necessario vincerne tredici di fila. Ciò non toglie, però, che alla fine il Napoli se n'è aggiudicati due con pieno merito. E' anche un Napoli che a tratti ha entusiasmato».

Solo a tratti?

"«Sì, perché in certi momenti accusa preoccupanti cali di tensione. Non riesce ad essere lineare, ma è ondivago, dispersivo. Soprattutto quando si tratta di seguire un percorso per arrivare alla meta».

Che sarebbe?

«Anche l'anno scorso s'è dimostrato lacunoso sulla lunga distanza. Che è quella da percorrere necessariamente per arrivare allo scudetto. Non riesce a tenere la rotta, si perde, e s'è visto, in un bicchier d'acqua. Quando cioè deve affrontare squadre di medio o basso livello. Mentre invece si trasforma letteralmente quando va fatta la voce grossa con avversarie di rango. Esempi lampanti sono quelli del girone-Champions da 12 punti, le finali mai fallite, le sfide con le prime della classe. E' un Napoli che alterna due facce».

E quindi, terzo posto in campionato anche stavolta?

«La stagione è ancora lunga. Certo è che risulta difficile ipotizzare allo stato delle cose un aggancio alle prime due. Ma io confido nel terzo posto, che alla fine vale pur sempre oro».

Siamo ai bilanci di un intero anno. Che voto darebbe al rendimento degli azzurri?

«Sette, sette e mezzo a voler essere larghi di manica. Non di più, per le ragioni di cui sopra, e anche per la cocente delusione dei preliminari di Champions. Però ci sono state anche parentesi molto belle, sfide vinte andando oltre ogni pronostico».

E l'ormai famosa questione della cazzimma: può darsi che l'assodata carenza abbia agito da freno?

«Al di là del come vogliamo chiamarla, che il Napoli difetti di personalità non è un mistero. Nel senso che ce l'ha pure in dotazione, ma spesso non riesce a metterla in gioco. E' ormai scontato ribadire che servono uomini in campo costantemente determinati e in grado di caricarsi di ogni tipo di responsabilità».

A questo proposito, chi potrebbe recitare un ruolo del genere: forse un Gargano, un Higuain?

« L'uruguaiano si sta comportando molto bene e va preso da esempio, non solo per la grinta ma anche per la professionalità. Eppure avevano provato a mettergli i bastoni fra le ruote, contestandolo. Ora s'è capito che a questo Napoli serve molto. Higuain, con un po' più di convinzione, potrebbe accrescere il suo carisma. Ma bisogna conoscere bene le persone per affermarlo».

Positivo quest'anno per il Pipita?

«Qualità e senso del gol restano elevatissimi. Ha avuto periodi di flessione, e sono del parere che questo dipenda dal fatto che non viene servito come si dovrebbe: anzitutto con più continuità, oltre che precisione».

Questione di modulo?

«Forse. Ma questi sono discorsi di pertinenza del tecnico. Senza entrare nello specifico, ritengo solo che Benitez dovrebbe provare qualche volta in più a variare a seconda degli avversari».

E per Rafa bilancio positivo?

«Senza dubbio. E' un maestro di calcio, e mi auguro che possa restare e dare seguito al suo progetto. Ne beneficerebbe tutta la piazza e chissà che non si possa arrivare a trofei più prestigiosi».

Restando in tema, il Napoli potrebbe arrivare sino in fondo in Europa?

«Non impossibile, ma nemmeno tanto facile, per la presenza di club blasonati».

Un occhio anche al mercato: se arrivassero solo Gabbiadini e Strinic?

«Sarebbe già positivo, andrebbero a rafforzare una rosa di ottimo livello. Forse ci sarebbe da fare ancora qualcosa in difesa».

L'11 gennaio di nuovo Napoli-Juve.

«Io sono col mister. Bisogna pensare a una cosa per volta: perciò prima concentrarsi sul Cesena e poi accogliere al meglio la Juve. Badando in primis a stroncare sul nascere le più piccole avvisaglie di appagamento dopo Doha». 

Fonte: Corriere dello Sport

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