NAPOLI – Fosse stato uno di quei giovanotti – e non mancano di certo – attaccati più al contratto che alla “maglia” e al giudizio amico della gente, beh, Lorenzo Insigne quei fischi piovuti da un angolo di stadio li avrebbe sentiti solo in “lontananza”. Di sicuro non l’avrebbero ferito. Invece no. Invece lui c’è rimasto male. E forse, chissà, provato per l’accidente capitato a Roberto, suo fratello, quello che gioca nel Perugia e che in allenamento s’era appena spaccato il quinto metatarso (per lui forse già oggi l’intervento e minimo due mesi di lontananza dal pallone), s’è fatto prendere la mano. La destra. Che ha agitato a mo’ di sfida verso la tribuna. Uno strappo imprevedibile e improvviso. I fischi e la reazione. La mortificazione e il disappunto. Anzi: la delusione. Forte. Fortissima, d’un ragazzo a sangue caldo. E poi? E poi niente. Vuole finirla qui, Lorenzinho, che ha già fatto i conti con se stesso. Sì, perché potesse tornare indietro, altro che sfrontatezza!, quella mano destra se la legherebbe alla sinistra. L’ha capito, Insigne, che nel pallone ha diritto d’esserci anche il dissenso della gente e che, seppure con il mal di pancia, bisogna rispettare pure quello. Anche se la delusione ancora c’è. E brucia da morire. «Quel che gli brucia – spiega Antonio Ottaiano, il manager che ne ha raccolto i sentimenti pure il giorno dopo – è aver trovato i fischi e non la comprensione della gente in un momento di difficoltà. Vogliamo dire che contro la Lazio Lorenzo non ha firmato una delle sue migliori prestazioni? Okay. Diciamolo. E’ vero. Ma come non apprezzare il suo impegno, il suo sacrificio? Ma basta così. Lorenzo da stamane si ritufferà nel lavoro e stavolta con un obiettivo in più: riconquistare tutti i suoi tifosi e trasformare quei fischi, neanche tanti in verità, in nuovi e sinceri applausi».
Già. Ma deve fare anche un’altra cosa, Insigne: cancellare dalla mente quell’idea odiosa che al San Paolo ci sia più tolleranza verso chi arriva da lontano che verso gli italiani. Peggio ancora, verso i napoletani. Non è così. Non può essere così. Non è il caso di scomodare tolleranza e intolleranza. Anche se probabilmente è vero che al ragazzo di casa il tifo azzurro chiede sempre un po’ di più. E il dazio che un napoletano è chiamato a pagare quando s’infila in quella maglia? Forse sì. O forse no.
«Io – mette subito in chiaro Beppe Bruscolotti, antico capitano d’un Napoli vincente – non credo affatto a questa storia del peso nella napoletanità. Smettiamola! Ognuno in campo è apprezzato per quello che fa e per quello che dà. Dico oggi quello che dicevo allora: i napoletani che indossano la maglia azzurra, di quella maglia sentano l’orgoglio e non il peso».
Che fa, tira le orecchie al giovane Lorenzo? «Nient’affatto. Quei fischi non li ho condivisi, ma so che ci possono anche stare. E chi fa il mestiere di calciatore, così come è gratificato dagli applausi, deve saper poi accettare anche il dissenso della gente. Capita. Succede. E ora non gli darei neppure troppo peso. Per me s’è trattato d’uno sfogo del momento. D’uno sfogo della gente e poi anche di Lorenzo Insigne. Al quale, però, dico di non farlo più».
Quindi, fine della storia? «Sì. Ma con un interrogativo al quale non riesco a dare ancora una risposta: nello spogliatoio del Napoli c’è qualcuno con la personalità e l’autorevolezza giuste per essere d’aiuto ai più giovani, per spiegare loro quel che è giusto e quello che non lo è? Chi è il riferimento dei più giovani? Voglio dire: oggi chi prenderà sottobraccio Insigne e gli parlerà da compagno di squadra più esperto?»
Già, chi? «Se ci fossi, lo farei io», racconta Pino Taglialatela. L’ex Batman della porta azzurra che può parlare anche per esperienza personale. «Intanto mi dispiace quel che è accaduto l’altra sera, anche perché quei fischi Insigne non li meritava. Comunque sia, a Lorenzo una cosa vorrei dirla: amico mio, ai fischi non rispondere mai con l’insofferenza. Sei un patrimonio del Napoli e anche della Nazionale e devi saper essere sereno anche quando le cose non vanno per il meglio. Lo dico perché è capitato pure a me. Come reagivo? Allenandomi, lavorando, cercando belle prestazioni. Cosa che da oggi, vedrete, con ancora più determinazione farà pure il nostro Lorenzinho».
Fonte: Corriere dello Sport
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