Alle 11,30 di venerdì mattina Diego Armando Maradona, fuoriclasse assoluto, numero uno teorico, in piedi davanti alla vetrata con vista sul Golfo Persico, ha ricevuto la prima delle due buone notizie della giornata.
Bruno Giordano, ospite da una settimana nella sua villa, informato per telefono da un amico di Catanzaro, gli aveva annunciato che Diego era stato votato «supercampione» dai lettori del Corriere dello Sport-Stadio e da una giuria composta da Luca di Montezemolo, Gianni Petrucci, Cesare Prandelli, Deborah Compagnoni e Pietro Mennea. «Vuol dire che a distanza di anni la gente ricorda le sensazioni che ho trasmesso» , ha commentato Diego, «emozionato» . Emozionato. In una villa schiacciata dal sole, tra deserto e mare, su un’isola artificiale a forma di palma in quel posto chiamato Dubai che per gli adulti ha lo stesso effetto di New York sui bambini: un grandioso luna park ma con più condizionatori, più roccia e più sabbia.
LA PROMESSA – Il vecchio Pibe sta bene, ha superato un intervento per i calcoli, e si emoziona ancora: Napoli e l’Italia continuano a essere nostalgia, una dolce tristezza ma ancora terra di successi, seppure di carta. «Sì, Diego vuole tornare ed è pronto per allenare anche in Italia» , conferma convinto Giordano, forse sorpreso lui stesso di come l’ha trovato nei nove giorni di vacanza a Dubai. Diego dovrebbe risolvere quella grana da 38 milioni con il fisco italiano, ma almeno sa che, oltre al Fisco, non lo hanno dimenticato gli italiani, i tifosi del Napoli e di tutta Italia. Il più grande torneo messo in piedi dal Corriere dello Sport-Stadio, con la formula del tabellone tennistico stile Wimbledon, da Fangio a Pelè (sì, Diego, hai stracciato anche quel signore lì), da Merckx a Carl Lewis, si è trasformato in una formidabile cavalcata verso il successo. Mardona ha battuto negli scontri diretti lo sciatore Maier, il finlandese volante Paavo Nurmi, e poi Bolt, Agostini, Michael Jordan e, in finale, Valentino Rossi.
In realtà, leggendo una vecchia copia del giornale che Giordano gli aveva portato dall’Italia, Maradona pensava di sfidare in finale Muhammad Alì e non Valentino, ma solo per una pura questione personale.
Un giorno Diego aveva portato il padre a Las Vegas ad assistere a un incontro di pugilato con Mike Tyson, quando nel tunnel che portava negli spogliatoi, videro di fronte a loro qualcosa di enorme e scuro come un albero: Muhammad Alì. Diego trattenne il respiro, Cassius sorrise, il padre di Diego scoppiò a piangere: Alì era il Dio indomabile sceso sulla terra.
LA BELLA VITA – La seconda buona notizia di quel venerdì è stata quella di ogni giorno della nuova vita del Grande Argentino negli ultimi dieci mesi: andare al campo ad allenare i ragazzi dell’Al Wasl, squadra giallonera di uno dei tanti sceicchi di Dubai e lavorare sul campo per cinque-sei ore filate, curando ogni dettaglio, ogni schema, ogni esercizio con un’applicazione maniacale. Ehi, parliamo della stessa persona? «Diego è ormai un tecnico evoluto – racconta Giordano – è preparato, serissimo. Solo con lui farei da secondo… L’ho visto andare sul campo e spiegare ogni movimento con entusiasmo» . Certo, alla Maradona. «Un giorno mi fa: Bruno, visto che gol su punizione ha fatto quel ragazzo del ‘93? Gli avevo detto: tu mira sopra la testa del portiere… Hai detto niente…» , sorride Giordano. Diego cura la fase offensiva, quella difensiva la lascia ai suoi collaboratori, che erano nello staff con l’Argentina ai Mondiali in Sudafrica. «E’ bello vedere Diego quando mette un braccio sulle spalle di un ragazzo della squadra e gli spiega le cose. Insomma, voglio dire: hai il braccio di Maradona addosso…».
CARISMA – Diego ha un interprete, che ogni volta deve fare una gran fatica per addolcire il linguaggio blasfemo e concreto del Pibe. La squadra è con lui, ma forse più che seguirlo lo venera. E’ più teologia che calcio, però fatto di gente che corre. Quando Diego arriva al campo, una fila di tifosi aspetta di poter toccare l’icona. La squadra non va male, vince e perde, è a un passo dal giocarsi il titolo nella fase finale. Maradona non può essere ridotto a statistica, punti, gol fatti e subiti. Diego continua a essere molto altro. Per esempio, passione. Per esempio, carisma. Per esempio, ironia. All’ultima conferenza stampa dopo una partita vinta 2-1 e con gli avversari rimasti in dieci, a un giornalista che ricordava il vantaggio dell’uomo in più, Diego aveva ribattuto: «Da quando sono qui non è che non ho avuto un rigore a favore, non ho avuto neanche un fallo laterale a favore…» . Diego ama Mourinho, se qualcuno non lo avesse capito. E, come lui, ama i tifosi e odia i giornalisti, che lo giudica da una vita nonostante la maggior parte non abbia sinceramente mai messo tre palleggi di fila. «Proprio l’altro giorno Diego mi ricordava quella volta a Trigoria, durante i Mondiali del ‘90 – racconta Giordano – quando a Valdano consigliò di lasciar perdere i giornalisti perché tanto non potevano capire cosa fosse il calcio. Alle perplessità di Valdano, Diego rispose che glielo avrebbe dimostrato subito…» . Prese il pallone e lo calciò verso un gruppo di giornalisti che seguiva l’allenamento a bordo campo. «Se ce lo ributteranno con i piedi, avrai ragione tu. Se lo faranno con le mani, avrò ragione io». Il pallone rotolò tra i piedi dei giornalisti, che se lo contesero, poi il vincitore, con la camicia fuori dai pantaloni, lo rilanciò trionfante verso Maradona. Con le mani. «Diego è il calcio – continua Giordano – a Dubai l’ho visto palleggiare con qualsiasi cosa fosse rotonda, una pallina da tennis o un’arancia. La gente lo ama perché sente che ha passione e trasmette passione» . Messi? «Non c’è paragone, vince Diego. Ricordo ancora quel gol su punizione alla Juve, dentro l’area. Era di prima, ma chiese a Pecci di toccargliela. Eraldo disse: ma che te la tocco a fare? Non c’è spazio… Diego rispose: non preoccuparti… E Pecci: vabbé, fai tu… E fece gol».
LA TELEFONATA
– Giordano è amico da una vita di un tipo così. Uno che, quando il laziale era in ospedale con la gamba rotta, mandò un telegramma di auguri. «E non lo conoscevo…» . Uno che gli cambiò il destino. Giordano era a un passo dalla Fiorentina ( «avevo parlato con i Pontello nell’ufficio di Via Veneto, era tutto fatto…» ), dal Milan, dalla Juve. «Alla fine mi telefonò Maradona e mi disse: vieni a Napoli che vinciamo». Andò, giocò e vinse. «E all’inizio Diego mi ospitò in casa con tutta la famiglia».
Maradona continua a ospitare gli amici ma da allenatore non ha raggiunto le vette del calciatore. Troppe storie ingombranti, la più lieve delle quali erano gli allenamenti saltati. «Quello del mercoledì perché era il più pesante, ma succede anche ora, solo che le società ti dicono che ‘il giocatore ha fatto lavoro in palestra’ ». L’Argentina ai Mondiali in Sudafrica è stata la grande occasione persa. «Ma era un’armata brancalone, Diego mi ha raccontato che mancavano a volte le magliette per fare l’allenamento» . I suoi grandi sogni sono due: allenare il Napoli e tornare a guidare l’Argentina. Intanto andrà a Manchester dalla figlia Giannina e Aguero per il compleanno di Benjamin. Già, Aguero. «Diego lo adora» . L’altro è Lavezzi. «Gli piace da matti ». Da Dubai Maradona segue il Napoli sempre. «Abbiamo visto Napoli-Cesena… cosa pensa? Mmmhhh… dice che è difficile lottare su tanti fronti».
IL SUO CALCIO – Il Napoli di Maradona e Giordano ci riuscì: vinse nello stesso anno campionato e Coppa Italia. Sul gioco di Mazzarri, Maradona non si sbilancia o almeno Giordano non la racconta tutta. Diego gioca con un 4-4-2 molto offensivo in cui a volte entra il trequartista (con lui Sneijder giocherebbe). Gli esterni si scambiano spesso posizione. «Diego è un’enciclopedia – racconta Giordano – conosce ogni giocatore, ogni squadra, sa tutto e non solo di calcio. Abbiamo visto in tv la sfida tra Djokovic e Nadal, lui tifava per Djoko…» . Accanto al quale, tempo fa, Diego aveva palleggiato con una pallina da tennis. L’inverno di Diego a Dubai è caldo e la vita rotonda come un’arancia, se non fosse per il fuso orario con Baires. « Se ne sta ore a mandare sms con l’Argentina fino alle quattro di notte, va un po’ in tilt ma a parte questo sta bene» . La sveglia tardi, la vita con Veronica, ragazza argentina di vent’anni più giovane che gli fa anche da segretaria, i messaggi di Giannina da Manchester. Il campo. Le partite. Le gite. «Un giorno mi ha portato sul tetto del grattacielo più alto del mondo». Ottocentoventotto metri. «Lui lo chiama lapis» . Beh, lapis, in effetti. Da lassù un uomo pieno di nostalgia può convincersi di vedere davvero Napoli, ma quando ha salutato Giordano all’aeroporto, Diego ha chiesto qualcosa di diverso: «Vuole che tra un mese torni a Dubai perché ci sarà la sfida decisiva con l’Al Jazira, la squadra più forte del torneo». Ci sarà? «Per forza, a Diego non puoi dire di no».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.