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Bruno Conti è sicuro: «Con i tedeschi ci scateniamo»

«Il pallone, quella notte al Santiago Bernabeu, mi arrivò da un rinvio di Gentile, dopo che Briegel si era tuffato in area sperando di ingannare l’arbitro brasiliano (Coelho, ndr). Comincia a correre lungo la fascia destra per quasi tutto il campo. Poi, appena all’altezza dell’area di rigore, calciai verso Altobelli che con tiro preciso segnò il 3-0. Appena mi resi conto che era gol, e passò qualche istante, impazzii di gioia: corsi, urlai… Era finita. Eravamo i campioni del mondo, avevamo battuto la Germania». Bruno Conti, il «brasiliano» di Bearzot, l’uomo della fantasia degli azzurri di Spagna, torna indietro di trent’anni esatti e rievoca la sua Italia-Germania. Quella della finale del 1982.
Cosa resta di quella notte? 
«La soddisfazione, la gioia dell’ambiente, le facce estasiate di tutti. La felicità collettiva del gruppo azzurro. Quella è stata un’emozione davvero molto forte, vedere che tutti insieme ce l’avevamo fatta, alla faccia delle critiche e degli avversari. La dimostrazione che l’Italia aveva una qualità umana e tecnica, una compattezza morale».
E l’Italia, poi, aveva i cross di Bruno Conti che, come ammise Paolo Rossi, dovevano essere solo sospinti in rete?
«Era una grande Nazionale, la nostra. Che riuscì a battere Argentina, Brasile, Polonia e Germania Occidentale. Una percorso fantastico, indimenticabile. Ma i tedeschi di questo Europeo mi sembrano squadra molto più aggressiva di quella che battemmo a Madrid».
Parliamo della sfida di oggi, allora?
«L’Italia in gare di questo genere si esalta, non c’è niente da fare. È la tradizione, il fatto che magari stecchiamo le partite facili ma contro le grandi diventiamo grandissimi. Però, io che lavoro con i giovani, (è il responsabile del settore giovanile della Roma, ndr) quando vedo in azione questa generazione di talenti tedeschi, da Gomez a Kroos da Ozil a Mueller, non posso che fare i complimenti al loro ct Loew».
A parte De Rossi, perché sarebbe di parte, chi è l’uomo simbolo?
«Pirlo è eccezionale, mi piace anche il modo di Marchisio di affrontare gli avversari. Ma quando vedo Nocerino dannarsi l’anima, inseguire il pallone, urlare contro ogni compagno, beh, mi sembra di rivedere la grinta di Marco Tardelli in quel mundial spagnolo».
Ci vorrebbe, a questo punto, un urlo alla Tardelli?
«Chiunque segna, quello che conta è che l’Italia centri questa finale: penso che se lo meriti, anche perché, e non lo dico perché è cresciuto con noi, De Rossi è un leader, un trascinatore. Balotelli e Cassano, poi, hanno senza dubbio i numeri per fare la differenza. Come il gruppo: balzano tutti dalla panchina dopo un gol. Come quelli di Madrid»

Fonte: Il Mattino

La Redazione

M.V.

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