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Brasile 2014: Brasile-Cile: Verdeoro ai quarti, Orgoglio Cile ad 11 metri dalla storia

Il Brasile vince 4-3 ai calci di rigore, esce a testa alta il Cile ad un passo da un'impresa storica. 56' per Edu Vargas, solo panchina per Henrique

E’ tempo di ottavi di finale al mondiale, nessun trucco, nessun bluff, è tempo di All In per andare avanti, per puntare tutte le fiches, nessuno spazio per dubbi o incertezze, è il Brasile delle rivolte civili ma è per 120’ e oltre il Brasile di Neymar e Scolari, contro il Cile della scapigliatura del nuovo millennio del rivoluzionario Sampaoli, esteta tecnico del bel gioco, specchio del momento d’oro dell’economia cilena che porta una marea Roja nel furacão brasileiro. Ed è un altro Brasile ed è anche un altro Cile al Mineirão di Belo Horizonte, dopo gli inni, cantati, urlati, con la forza e l’orgoglio di due anime, prima che di due popoli, la Roja di Sampaoli si risveglia in un inferno verdeoro dove 11 diavoli carioca rendono la vita impossibile ai cileni che vedono usate contro di loro le armi che li avevano visti tramortire e finire altri diavoli rossi, quelli spagnoli, intensità, ritmo, velocità, è finalmente il Brasile che tutti volevano vedere, che tutti aspettavano, che trova il vantaggio al 18’ con David Luiz, da anello debole a lancia fendente, sfrutta la spizzata di testa del suo compagno di reparto, Thiago Silva, da calcio d’angolo di Neymar, per ribadire in rete il pallone del vantaggio, goal, gioia e lacrime, ed entusiasmo per i dieci minuti successivi, dove il Brasile ritrova se stesso, Neymar incanta, lotta, trascina, prende calci, cade, si rialza e continua a correre, verso Bravo che teme la giornata da libro nero, fino al 32’, dove a sorpresa Sanchez gela il Mineirão, su errore combinato di Marcelo e Hulk, leggerezza nel disimpegno e Vargas lesto che recupera e serve il 7 cileno che non perdona, è 1 a 1 e un’altra partita e ancora un altro Cile, con grinta e coraggio, nei suoi uomini chiave, El Niño Maravilla e Arturo Vidal, che trascinano la Roja negli assalti alla linea difensiva verdeoro, ma poi ancora Neymar che guida i suoi fuori dalle difficoltà e al 36’ sfiora di nuovo il vantaggio di testa, il Brasile è vivo e passa dai piedi del numero 10. Al 39’ è Fred che sfiora il vantaggio, divorandosi un goal calciando alto al limite dell’area piccola e al 42’ l’ultimo brivido per Bravo, che devia in angolo una fucilata dai 30 metri di Dani Alves, poi ci riprova il Cile e risponde il Brasile, nessun pericolo però fino al duplice fischio di Webb che sancisce la fine del primo tempo. Più tiepidi gli animi nella ripresa o almeno così pare fino al 55’, dove Hulk con un goal di ginocchio prova a far esplodere il Mineirão che vede l’urlo strozzato in gola ancora dal fischio di Webb, c’è un tocco di mano e l’arbitro inglese se ne accorge, ammonito l’attaccante dello Zenit che sembra incredulo convinto della sua innocenza, come ne è convinto Scolari e tutto il Brasile, che si innervosisce subendo le iniziative corali dei cileni e provando a rimediare con le cattive maniere, punite ancora da Webb con il giallo a Luiz Gustavo. Ma la Roja ora è padrona del campo e solo Julio Cesar, con un intervento decisivo su Arànguiz, tiene in piedi i verdeoro usciti totalmente dalla partita, non più un collettivo ma 11 uomini che provano a risolvere da se la partita, prede troppo appetibili per il Cile affamato del secondo tempo che al 70’ è padrone del Mineirão e sente l’odore del sangue carioca, decisiva al momento è la scelta di Sampaoli al 56’ che fa fuori uno spento Vargas inserendo Gutièrrez, un centrocampista, per avere superiorità numerica in mediana. Al 77’ un guizzo brasiliano, spinto dalle onde dell’ Hino Nacional Brasileiro urlato all’unisono dal popolo verdeoro, con Hulk che si invola sulla fascia sinistra e mette in mezzo per , da poco entrato al posto di Fred, che non impatta il pallone, ma è un fulmine nel cielo Rojo che vede possibile il suo Belo Horizonte nell’omonima casa del Mineirão. Negli ultimi 10 minuti del match si è lontani dai discorsi di tattica, l’orgoglio brasiliano emerge contro la paura di vincere cilena che perde sicurezza nel suo palleggio, ed è Hulk all’84’ che prova a risolverla ma Pinto gli nega il titolo sulle prime pagine di Globo Esport. Ma 90’ non bastano, il Brasile intero trema sulle ultime azioni cilene prima che Webb mandi tutti ai supplementari dopo un match spettacolare nella sua intensità e nel clima che avvolge Belo Horizonte. Non sono più le squadre dei primi due tempi di gioco, la paura fa prigioniere le gambe dei 22 sul prato del Mineirão, si va avanti con l’orgoglio, quello di Hulk che prima affonda sulla fascia servendo Oscar che colpisce debolmente di testa e poi subito dopo si rende protagonista lui stesso con una conclusione potente, ma centrale, dal limite dell’area, ben respinta da Bravo, vera unica emozione del primo over time. Il Cile ora da la sensazione di accontentarsi dei calci di rigore chiudendosi nella propria trequarti e aspettando un Brasile spinto solo dalla forza dell’orgoglio ma privo di idee e concretezza che Scolari prova a trovare in Willian che prende il posto di Oscar all’inizio del secondo tempo supplementare, dove si gioca poco o nulla, con le squadre stanchissime, ferite ma tenute in piedi dalla forza dell’animo, deve gettare la spugna Medel dopo una partita praticamente perfetta ma i muscoli che hanno rischiato di fargli saltare il match hanno ceduto al 108’, entra Rojas per tenere alta la difesa che si chiude a testuggine lasciando isolati Sanchez e Pinilla, entrato all’87’ al posto di Vidal per dare maggior peso all’attacco. E’ con la forza della disperazione che il Brasile attacca, in massa, l’area cilena ma gli uomini della Roja non concedono un millimetro di terra respingendo stoicamente ogni accenno di pericolo, ruggendo su ogni pallone, è la stessa storia per gli ultimi spiccioli di gara, letta e riletta secondo dopo secondo fino all’area densa dell’ombra dei rigori che arrivano dopo il sussulto di Pinilla che centra in pieno la traversa, pochi centimetri per la storia, scritta ancora una volta negli ultimi 11 metri dove comincia col piede giusto David Luiz, di potenza ad incrociare, per spazzare via la paura in cui affoga Pinilla che si fa ipnotizzare da Julio Cesar, come Willian che spiazza Bravo ma manda fuori, ma sembra essere il portiere brasiliano l’uomo del destino carioca che para anche la conclusione di Sanchez. Poi Marcelo, per l’allungo, tocca Bravo ma non basta, il Cile però non ci sta con Aranguiz che ricaccia via la gioia verdeoro scagliando con violenza alle spalle di Julio Cesar e con il portiere Roja che con un miracolo con i piedi respinge il sinistro di Hulk. Glaciale Diaz che riporta gli uomini di Sampaoli in parità, ma ci pensa Neymar, il mondo sulle spalle e non sentirlo, spiazza Bravo e rigetta le responsabilità su Jara, che calcia forte, deciso, Julio Cesar non ci arriva ma il palo sì e il brazuca rotola via lontano, nella bolgia assordante del Mineirão, bagnato dalle lacrime di Neymar, lacrime di gioia per il Brasile che soffre ma vola ai quarti. Onore e applausi al Cile di Sampaoli, ad una traversa (ed un palo) dalla storia, a pochi centimetri da un nuovo Maracanaço, vittima di un destino spietato e crudele, nonostante la “Maledizione” Mick Jagger che colpisce Inghilterra e Italia ma non il Brasile che ora attende con ansia la nuova rivale, one more try sulle note dei Rolling Stones, godendosi la notte, la sua notte, almeno per un giorno.

 

La partita di Edu Vargas

Un unico guizzo nella partita del numero 11 cileno, che sfrutta l’errore in disimpegno di Hulk e Marcelo, è un furto… con scasso quello di turbo man che serve Sanchez in area di rigore che conclude l’opera. Il resto è il nulla, perso e mai ritrovato nei 56’ minuti che Sampaoli gli da in quel di Belo Horizonte pur giocando nel ruolo che ne ha esaltato le qualità, quello di prima punta. In balia dell’uragano verdeoro, troppo timido per uscire indenne dall’inferno carioca.

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