Lunga intervista di Simone Verdi del Bologna rilasciata al Corriere dello Sport. Il centrocampista ex Empoli ha parlato del suo ex allenatore Sarri: “Mi prendeva da parte e mi diceva: Simone, le qualità le hai, è chiaro che lei hai. Ma devi convincerti tu. Mi ripeteva: Simone, solo se ti convinci di quello che puoi fare, con il tuo talento, allora arriverai in una grande squadra. Io annuivo, sì mister, gli dicevo. Con Sarri sono stato ad Empoli, mi ha insegnato tanto, è il mio maestro. So quanto gli devo. No, non ci sentiamo, niente messaggini o quelle cose lì, lui è un po’ orso, anche all’andata, al San Paolo, non ci siamo nemmeno incrociati. Lui mi ha fatto capire chi sono. C’è affetto, sembra burbero ma non lo è, in realtà è un buono”.
E tu chi sei? “Un ragazzo semplice, un professionista che vuole crescere, un calciatore che a ventiquattro anni ha trovato qui a Bologna il posto ideale”.
Ti sei convinto di quanto vali? (ride) “Non lo so, sinceramente”.
In effetti: nessuno lo sa. Tanto, probabilmente, perché tra settembre e ottobre Simone Verdi è stato una cometa in una notte d’estate: non puoi girarti dall’altra parte e far finta di niente. Due mesi in cui ha seminato promesse di felicità, gol – quattro – assist e candidature azzurre; tutto interrotto da un brutto infortunio. Lesione alla caviglia. Operazione, rieducazione, attesa, quelle cose lì. “Ottantacinque giorni fermo”.
Come ne sei uscito? “Più forte di prima, a livello mentale. Ma ho affrontato tutto con grande serenità”.
Da quando sei tornato hai giocato due spezzoni: venti minuti col Toro, mezzora abbondante col Cagliari. Sempre incisivo, pure decisivo. Sei pronto per il Napoli? “I novanta minuti non li ho, ma deciderà il mister”.
Ok, già sentita. Come ti piacerebbe segnare al Napoli del tuo maestro? “Primo: conta la squadra, conta il Bologna. Secondo: per me va bene tutto. Facciamo di sinistro: è il mio piede e non ho ancora segnato”.
Vero: quattro gol di destro finora. Sei uno dei pochi in serie A di cui si può dire: ma qual è il suo piede? Avanti: dopo il Napoli, mercoledì, c’è il Milan. “Partita che dal punto di vista sentimentale mi coinvolge parecchio. Sono stato lì undici anni, ho bellissimi ricordi. Ho visto il mio idolo da vicino, Sheva, nel giorno in cui ha esibito il Pallone d’Oro a San Siro. Facevo il raccattapalle, venne a un metro da me, sotto la curva e alzò il trofeo. (Gli si illuminano gli occhi, se la ride al ricordo). Sarebbe bastato un niente e zac, potevo prendergli il Pallone d’Oro…”.
Napoli e Milan in successione, che fa il Bologna? “Per noi è una grande occasione, le affrontiamo al Dall’Ara, davanti alla nostra gente. Sono partite che vedono tutti, serate che ti possono aprire tante porte…”.
Per esempio (ri)aprire quella della nazionale. Il ct Ventura, quando ti infortunasti, disse: peccato, l’avrei convocato. “Al momento pensi: è un treno che può passare una sola volta nella vita. Però io credo di no, credo di avere la possibilità di conquistarmi la nazionale, ma devo fare bene qui a Bologna”.
Quanti gol fai quest’anno? “Con Matteo, il magazziniere del Bologna, ho fatto una scommessa. Se arrivo in doppia cifra, beh, la perdo e pago io. Ma è una scommessa fatta così, dai, è perché gli voglio bene”
La botta al volo con la Sampdoria ha tutto per rimanere uno dei tre-quattro gol più belli della stagione. “E dire che a livello tecnico, non è nemmeno uno dei più difficili”.
Certo, ne ho segnati una decina così. Poi ho spento la play. “No, ascoltami, mi spiego: ho visto arrivare questa palla di Krejcì, calibrata benissimo, era talmente invitante…insomma, non si poteva non calciare, anche a rischio della figuraccia. Ecco, per esempio domenica scorsa a Cagliari ho ricevuto un assist in area di Destro e avrei dovuto calciare al volo, subito, di prima intenzione, senza pensarci. Invece ho voluto controllare il pallone e ho calciato, ma l’avversario mi era già addosso…Certe volte bisogna calciare, senza star lì a pensarci tanto”.
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