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Boateng all’Onu «Il razzismo come la malaria»

Un calciatore all’Onu per raccontare come si combatte il razzismo. Kevin Prince Boateng non pensava che potesse arrivare tanto lontano il pallone scalciato quel 3 gennaio a Busto Arsizio contro chi lo offendeva per il colore della pelle. «Il più grande errore che possiamo commettere è pensare che ignorare i razzisti sia una medicina: è un virus che si trasmette, una sorta di malaria per la quale non bastano gli antibiotici. Bisogna prosciugare le paludi» ha detto il centrocampista del Milan, invitato a parlare dall’alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay.
Si celebra la giornata mondiale contro le discriminazioni razziali, dedicata alle decine di vittime della strage dell’apartheid, a Sharpville del 1960. Con Uefa e Fifa, con Patrick Vieira e la sudafricana Pillay, c’è Boateng, il primo calciatore ad aver detto «basta» e ad aver fermato una partita. «Me l’hanno chiesto tante volte: lo avrei fatto anche se fosse stata una finale, in quel momento era ciò che sentivo di fare» dirà rispondendo anche a Cristiano Ronaldo che si appellava al professionismo. Era cominciata col bacio della compagna Melissa Satta prima di salire sul palco («fantastico discorso, l’abbiamo provato di sera»), è finita tra gli applausi. «Ma il consiglio che do ai bambini se incontrano episodi di razzismo è: non fate come me» aggiunge Boateng alla domanda di uno dei 25 ragazzini presenti in sala. «Raccontatelo all’arbitro, al vostro allenatore, poi magari la sera a casa ai genitori: e poi c’è qui la Fifa…», dice ironico additando Federico Addiechi, rappresentante di quel Blatter che condannò la reazione del milanista: «Incontrerò il presidente Fifa – ha aggiunto Boatenge gli dirò: ok, voi dite che spetta all’arbitro fermare le partite, ma ora siamo qui. Cosa facciamo?».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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