Joseph Blatter:
«Assistere a una partita del Napoli al San Paolo è un’esperienza che dovrebbero fare tutti coloro che amano il calcio». E’ presidente della Fifa da quattordici anni, fa questo omaggio alla città e alla squadra in un’intervista al Mattino. Dalla lotta al razzismo e alle scommesse ai rapporti con Maradona, il numero uno del calcio mondiale parla a cuore aperto.
Presidente della Fifa dal 1998, in questi anni quali miglioramenti sono stati apportati al calcio e quali ancora da fare?
«Il calcio è lo sport più amato nel mondo e lo sport unisce i popoli. Il calcio è diventato uno strumento vitale per migliaia di programmi di sviluppo sociale promossi da organizzazioni. “Football for hope”, il calcio per la speranza, è stato creato come movimento unico e globale che usa il potere del calcio come forza per lo sviluppo sociale sostenibile. Grazie ai suoi successi, questo movimento è diventato una piattaforma per il settore pubblico e privato, per la società civile e per le istituzioni che investono così in un modo sostenibile e creano associazioni innovative finalizzate allo sviluppo sociale. La filosofia del progetto è massimizzare il potenziale del calcio in modo da contribuire allo sviluppo sostenibile concretamente. Sono fiero anche del processo di riforme iniziato dopo il congresso di Budapest. C’è pace nella Fifa, andiamo avanti per completare il processo di riforme. Siamo sulla buona strada e continueremo di questo passo affinché torni la fiducia nella federazione che governa il calcio mondiale».
Ma i problemi non mancano, a cominciare dal calcioscommesse che ha colpito anche l’Italia.
«Le scommesse illegali sono intollerabili in ogni forma. Se i tifosi e gli amanti del calcio sanno che una partita è truccata, si sentiranno presi in giro e non crederanno più nel nostro sport. Stiamo lavorando molto intensamente con le autorità politiche e l’Interpol. È necessaria la solidarietà all’interno della comunità calcistica. Se i giocatori, gli allenatori e gli arbitri vengono contattati da certe persone, devono immediatamente segnalare e denunciare questi delinquenti, in qualità di informatori. Solo così possiamo intervenire efficacemente. Come ha detto Del Bosque, l’allenatore della Spagna campione del mondo: l’etica e la solidarietà nel calcio sono valori che contano».
E c’è anche il drammatico fenomeno del razzismo: addirittura il milanista Boateng è stato insultato durante un’amichevole un mese fa.
«Il razzismo è un fenomeno in cui il calcio è una vittima della nostra società. Discriminazione e razzismo sono dovunque, il mondo del calcio non può essere ritenuto responsabile di ciò che accade nella nostra società. I problemi di qualsiasi genere non si risolvono scappando. Sono d’accordo con Boateng e lo sostengo, però bisogna affrontare il problema diversamente e lanciare un segnale forte. Spetta ora alla Fifa prendere le misure adeguate. Dovremmo dare istruzioni chiare alle nostre associazioni nazionali e alle confederazioni, in particolare alle commissioni disciplinari. Bisogna essere in futuro severi, molto severi: non è sufficiente dare una multa. Partite a porte chiuse possono essere delle possibili sanzioni, ma la cosa migliore sarebbe togliere punti o far retrocedere una squadra. In questo modo la responsbilità ricadrebbe sui club che a loro volta sono responsabili per i loro tifosi».
Lei è un sostenitore della tecnologia applicata al calcio: come può migliorare un evento?
«La tecnologia per la linea di porta è diventata una necessità e non più solo un’alternativa. Troppi episodi hanno reso necessari tali provvedimenti. Come presidente della Fifa non posso tollerare errori come quello nella partita Inghilterra-Germania ai Mondiali 2010 in Sudafrica: il tiro dell’inglese Lampard aveva chiaramente oltrepassato la linea. Bisogna fare qualcosa in aiuto degli arbitri».
Il calcio è un fenomeno globale: quali sono i Paesi che più l’attraggono?
«Sono neutrale e sostengo tutte le 209 associazioni nazionali che fanno parte della Fifa, però devo ammettere che ho una relazione speciale con il continente africano».
Qual è il suo rapporto con il calcio italiano?
«È una delle nazioni più importanti nel mondo del calcio. Ha vinto quattro Mondiali, solo il Brasile ne ha conquistati di più. In Italia il calcio si vive e si respira, la sua storia è semplicemente fantastica, sia a livello di Nazionale che di club. Ricordo con piacere campioni come Riva, Mazzola, Facchetti, Orsi, Zoff, Scirea, Ferrara, Baggio, Del Piero. Sono rimasto particolarmente colpito da Facchetti: è stato un perfetto gentleman nella vita e un vero leader sui campi di calcio. Ho un rapporto particolare con l’Italia. Nell’81 venni eletto segretario generale della Fifa e quello dell’82 in Spagna fu il mio primo Mondiale da dirigente responsabile. Ricorderò sempre con particolare piacere la vittoria degli azzurri di Enzo Bearzot l’11 luglio contro la Germania. E tra i club vorrei mettere in evidenza il grande Napoli dei tempi di Maradona: i partenopei erano e sono grandi protagonisti di questo calcio italiano, sempre bello e spettacolare da seguire».
Il Napoli era in serie C otto anni fa e adesso sfida la Juve per lo scudetto, oltre ad essere impegnato in Europa League. E ai risultati sportivi si aggiunge un perfetto equilibrio finanziario.
«Con molto piacere ho constatato che il Napoli è tornato nella top 5 del calcio italiano. Il presidente De Laurentiis e il suo staff stanno facendo un ottimo lavoro. Il Napoli può diventare una delle grandi anche in Europa, lo auguro di tutto cuore ai napoletani e al loro presidente».
Conosce Cavani, il super bomber del Napoli e dell’Uruguay?
«Certo, chi non conosce Cavani? È uno dei migliori attaccanti al mondo».
Quale ricordo ha di Napoli e della sua passione per il calcio?
«A Napoli il calcio è passione, è una religione. Mi ha sempre toccato il calore del pubblico del San Paolo. I napoletani sono dei tifosi straordinari. Un tifo così può dare tantissimo ad una squadra. Assistere ad una partita del Napoli nel suo stadio è un’esperienza da fare per tutti coloro che amano il calcio».
Qual è il suo rapporto con Maradona, l’uomo simbolo del calcio napoletano?
«Posso assicurare che il rapporto tra me e Diego è buono. Ogni volta che ci siamo visti è stato sempre molto gentile. Un suo ritorno nel mondo del calcio? Non sta a me parlarne: è una decisione che solo lui deve prendere».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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