‘O temporale immaginario è un’invenzione micidiale, incredibile, inedita, meravigliosamente napoletana. Nessuno se la prende con i tifosi del ciuccio che – ne siamo convinti – avrebbero volentieri assistito al match più atteso pur con i piedi zuppi e un principio di reumatismi. Qui, semmai, facciamo le pulci in sette punti a chi ha deciso per il rinvio secondo la formula dell'”Qua facciamo come pare a noi”.
1) Il prefetto di Napoli giustamente prende decisioni a prescindere dalle questioni pallonare, ma ai più è sembrato che in questo caso si sia trattato di puro “eccesso di zelo”. 2) Se vale la formula del “forse stasera piove” consigliamo ai prefetti di Milano, Torino, Genova e di tutte le province del nord di vietare le prossime partite da qui a carnevale. 3) Dice: “Lo stadio San Paolo fa storia a sé”. Vero: il San Paolo fa schifo, ma da almeno vent’anni. E in vent’anni, a Napoli, di partite con la pioggia se ne sono giocate a bizzeffe senza che accadesse nulla. 4) Senza voler entrare nella testa di chi ha preso una decisione così importante, ci pare sensato pensare che i fatti siano andati più o meno così. Prefetto e sindaco pensano a quel che è successo a Genova, si fanno venire la strizza e elaborano il pensiero: “Magari non piove, ma se un guaglione si sloga una caviglia finiamo su tutti i giornali. Meglio rinviare”. 5) Il fatto che alla riunione fondamentale abbia partecipato il ds del Napoli Bigon e nessun rappresentante della Juve è fastidioso. Sicuramente Bigon non ha spiccicato parola, ma allora non si capisce che c’è andato a fare. Anche Marotta aveva il diritto di andar lì a tacere insieme al collega. 6) La Lega Calcio s’è imbufalita: “Nessuno c’ha detto niente”. Una mancanza di tatto che fa pensare solo a una cosa: la società Napoli, dopo la vicenda della fuga in motorino di patron De Laurentiis, ha deciso di seguire la legge del “facciamo come ci pare”. 7) Chi scrive non conosce Napoli così bene, ma sa che se alle 14 sul San Paolo splendeva il sole solo un cataclisma di proporzioni bibliche poteva impedire lo svolgimento della gara.
Poi per fortuna si parla di una partita di pallone e quindi bene così, la giocheranno il 29 novembre… Sotto la neve…
Ma la verità è che tutto il papocchio azzera il vantaggio reale e psicologico di Conte e della sua Signora. Restare tre settimane senza partite ufficiali significa perdere quella sensazione di onnipotenza accumulata in due mesi di match giocati al massimo, significa dar modo alle altre di stare in vetta alla classifica seppur virtualmente, significa – di fatto – ricominciare dal principio.
A Napoli, in ogni caso, oggi la Juventus gioca un’altra partita importantissima. Se il pm Capuano non tenterà l’ultima disperata accusa al sistema Moggi come ci è stato dipinto in questi anni, entro stasera avremo la sentenza (quella di primo grado, perlomeno) su Calciopoli. Il diluvio qui è già passato, ha spazzato via la squadra che ha dominato (giustamente o non giustamente ce lo dirà il giudice Teresa Casoria) il campionato italiano per un decennio e ribaltato un sistema di potere. Ma l’assoluzione di Moggi & C. scatenerebbe un panico ben maggiore di quattro gocce sul San Paolo. Non ci resta che aspettare.
La pioggia non ha fermato il Milan che ha macinato il sorprendente Catania di Montella. Due gol per tempo, una media di quasi tre e mezzo a partita nelle ultime cinque uscite, Robinho che fa il Cassano e Aquilani sempre più padrone del centrocampo rossonero. Galliani, però, non deve illudersi e credere di poter risparmiare sul mercato di gennaio: la strada è ancora lunga verso lo scudetto. E altrettanto lunga sembra la sequela di rivelazioni choc nascoste nelle pagine dell’autobiografia di Ibra. Tra le altre quella relativa agli insulti al segnalinee di Milan-Fiorentina che costò l’espulsione: Zlatan confessa che fu la società a ordinargli di dire che “ce l’aveva con se stesso” e, invece, affanbrodo c’aveva mandato proprio l’assistente dell’arbitro. Occhio: il procuratore Palazzi, che in queste cose sguazza come una paperella, potrebbe persino decidere di aprire un fascicolo.
Ha piovuto tanto invece su Bilbao e sul Barcellona, fermato sul pari dall’Athletic di Marcelo Bielsa, maestro e incubo di Pep Guardiola. La notizia del giorno è quindi che il Real Madrid va a +3 sui blaugrana: sulla Spagna e sull’Europa intera sembra aleggiare la solita cara vecchia legge del “secondo anno” di Mou, quella che dice che al portoghese bastano dodici mesi in un posto per impadronirsi di una squadra e portarla a qualsiasi obiettivo. La “decima” Champions League per le merengues è a portata di mano. E chissà che cosa potrebbe accadere allo splendido e armonioso ambiente del Barça se le cose per una volta dovessero cominciare ad andare male.
Un po’ nel pantano sembra anche lo United di Ferguson, che si becca una tribuna a suo nome nonostante sia ancora ben vivo e vegeto. Auguri di lunga vita a uno che, a 70 anni, ha il coraggio di mettere il suo miglior attaccante (Rooney) a fare il centrocampista.
Fonte: Fabrizio Biasin per TMW
La Redazione
S.D.
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