Undici stagioni di Napoli, tra campo, panchina e scrivania, all’incirca un terzo dei 35 anni trascorsi nel mondo del pallone. Ma pure Ottavio Bianchi, apparentemente gelido e visceralmente refrattario a ogni emozione, ammette le sensazioni particolari che avverte quando il Napoli gioca la Champions: «Napoli è una città coinvolgente come nessun altra e della quale mi piacciono anche i difetti. Sono contento che 33 anni dopo possa vincere ancora un’altra Champions».
Fa confusione: nel 1989 lei vinse la Coppa Uefa?
«No, nessuna confusione. La Uefa di quegli anni era come la Champions di adesso. Certo, c’erano meno soldi, ma la qualità delle squadre che partecipavano a questa manifestazione era altissima».
Non è che sta esagerando?
«Per nulla. Prenda per esempio quell’anno: in Coppa dei Campioni trionfò il Milan che in campionato finì terzo alle spalle dell’Inter e del Napoli senza mai essere in lotta per lo scudetto. Non devo ricordarlo io che la Coppa dei Campioni di allora era piena di formazioni cipriote, lussemburghesi e ungheresi».
Quest’anno il Napoli è terzo nel ranking Uefa. Come ai suoi tempi d’oro?
«È un bel risultato. E con il Chelsea passerà il turno. Ma non deve accontentarsi. Il percorso di crescita prevede che bisogna migliorare i risultati dell’anno prima».
E se non arriva terzo posto?
«Sarebbe un flop anche il terzo posto. Quest’anno è stata persa una grande occasione per lottare per lo scudetto. La Juve è prima con 10 pareggi, non è un campionato normale».
E se batte l’Inter?
«Cambia poco. Per quello che hanno fatto in campionato, gli azzurri non possono essere contenti. Mi sembra di essere tornato a quando ero giocatore: battevamo le grandi e poi a Ferrara e a Mantova non toccavamo palla».
Forse è una rosa piccola, come quelle che aveva lei?
«Io credo solo che sia una questione di tensione. E poi io non ho mai avuto problemi».
Una volta fece giocare un portiere in attacco?
«Non certo perché non avevo riserve. Dovevo mandare dei messaggi a qualcuno».
Lei è stato il primo allenatore di Moratti, nel lontano 1994.
«E lui è stato l’unico presidente che mi ha esonerato. Ma non gli ho mai portato rancore».
Lavezzi è un campione. Ma come Maradona fuori da campo ha qualche problema.
«La gestione del Maradona calciatore era la cosa più facile e piacevole del mondo. Lui capiva in due secondi quello che altri impiegavano due anni per comprendere».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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