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Bergodi: “Il Pescara non ha nulla da perdere”

In attacco la coppia sarà quella di Weiss e Abbruscato

Psicologia applicata al calcio. E’ il pane quotidiano degli allenatori italiani. Incidere sulla mente dei propri giocatori ha una valenza che può oscillare dai cinque ai dieci punti a stagione. Perciò Cristiano Bergodi perlomeno ci prova. Il nuovo tecnico del Pescara ci sta lavorando su. Non lo sappiamo per certo, ma lo possiamo dedurre.

STRATEGIA – Prendete Francesco Modesto. Un mese e mezzo fa diceva. «In serie A si sta tutti coperti e poi, quando capita, si prova a colpire». L’altro ieri, invece, ha dichiarato: «Risolvere il problema del peggior attacco è solo una questione numerica: bisogna proporsi con più uomini. Stiamo provando a farlo in cinque, pur con la giusta attenzione alla fase di copertura preventiva (cioè predisporsi al rientro se si perde palla, ndc). Ad esempio, se si arriva a crossare sul fondo bisogna che in area avversaria ci siano almeno tre dei nostri, se ce n’è uno solo è quasi inutile».
E, per completare il concetto, una reazione stizzita all’idea di “vittima sacrificale” a Napoli: «Non siamo mica amatori, siamo giocatori professionisti e, anche se loro possono essere più forti, andiamo a giocarcela». Bene, qualcosa bolle in pentola. Magari sarà di difficile esternazione nella bolgia del San Paolo, però si avverte.
LA RISALITA – Il Pescara si ribella all’idea della mattanza. D’altronde, la storia ha il suo peso. Una ventina di anni fa la compagine adriatica subì in casa del Napoli di Maradona due delle batoste più pesanti dell’altro secolo: 6-0 e 8-2. In entrambe le circostanze Bergodi che ora siede in panchina all’epoca era in campo con la maglia biancazzurra a cercare disperatamente (e inutilmente) di evitare il naufragio. Chissà se quelle esperienze traumatiche avranno avuto un significato quando ha intrapreso la nuova professione. Possiamo in ogni caso immaginare che domani farà di tutto per evitare un remake.
Non a caso, già domenica scorsa contro la Roma il Pescara ha schivato il malcostume di farsi di farsi seppellire da una big al pronti-via: cosa che era invece accaduta con Inter, Lazio e Juventus, oltre al Torino che big non è, ma quel giorno sembrava tale. Dunque, restare in partita fino alla fine è la parola d’ordine. Non degradarsi al primo episodio negativo, contenere un eventuale passivo in termini accettabili, dominare le ansie e, dopo, provare a disegnare nuovi orizzonti con percorsi alternativi. Insomma, se il difetto genetico non si può curare, almeno fino a gennaio, tocca provare ad aggirarlo. «A noi servono punti – ha dichiarato il tecnico a inizio settimana – e andremo a cercarli ovunque, anche a Napoli». Quindi, cuore e gambe sì, ma soprattutto testa. Per catalizzare nuove energie intorno alla squadra servirebbe un risultato positivo, oppure un prestazione davvero incoraggiante. Qualcosa che spezzi la routine e restituisca un’immagine di freschezza (e di speranza) al nuovo corso. Al di là dell’aspetto mentale, non dovrebbero esserci novità di rilievo sull’atteggiamento tattico. Confermato il modulo 3-5-1-1, turnazione fisiologica (rientrano dopo la squalifica Cascione e Zanon, escono l’infortunato Quintero e lo squalificato Balzano), la vera novità dovrebbe essere l’inserimento dal primo minuto di Weiss. Lo slovacco ha scommesso un orologio con il connazionale Hamsik su chi starà più in alto a fine stagione nella classifica cannonieri. Siccome è già abbastanza indietro (6 a 3) o si sbriga ad accorcia le distanze o comincia a cercare una gioielleria di fiducia.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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