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Benitez, un giorno speciale. Il tecnico del Napoli in visita all’ospedale pediatrico Pausilipon

UN «GIOCO» PER RAGAZZI. La passeggiata al fianco dei bambini comincia a giugno, divagando sul calcio e sul Mondiale che Benitez osserva (anche) come opinonista del «Corriere dello Sport-Stadio», però con il desiderio di dare un senso a quella «investitura» d’inviato assai speciale che ha scelto per spingersi nel cuore di Napoli, per coglierla tutta, pur nelle ferite spalancate dal destino, per sporgersi in quei tre piani che accolgono una sessantina di fanciulli e le loro famiglie, per intrufolarsi in quell’esistenza in cui non ci sono favole ma orchi invisibili – si chiamano leucemia, si chiamano tumore – da battere. Il Brasile 2014 diviene il «pretesto», la parentesi di Rafa Benitez per concedere (simbolicamente) altro ancora di sé, un computer e dei materassi speciali, delle bilance e un sollevatore, le foto, gli autografi, scatole di calciatori in miniatura e un’ora e mezza che distragga, che allieti, che allievi le angosce di Tonino e di Giulia, di Aurora e di Rino, di Pasquale e di Sabrina, di fanciulli che aspettano un domani. «Sai, mister, io vengo da Torino ma tifo Napoli…: però sono nato a Villaricca…».

IL PANORAMA. Visto da lassù, da Posillipo, l’universo ha i riverberi che splendono e catturano magneticamente in quello specchio d’acqua accattivante; ma al di là delle mura, nel «Pausilipon», dominano il dolore e domande irrisolte sulla fede e speranze che nascono e spariscono e una «normalità» che l’arrivo di Benitez pare restituire almeno per un’ora e mezza. «Sì, è vero che anche io sono arrabbiato come te per il pareggio con il Cagliari…Ma dài, ci passerà….». C’è un mondo, al «Pausilipon», e una madre spagnola d’un bimbo napoletano che può esprimersi in castigliano; e ci sono vite annodate tra la Pediatria Oncologica, l’area protetta e quella del trapianto del midollo osseo e l’ematologia che si scuotono e paiono (e lo sono) persino allegre e braccia che s’allungano per stringersi a Benitez e raccontargli che un giorno saranno allo stadio, al san Paolo, per tifare per lui, ché ormai è amico loro.

RACCONTATEMI. E la chiameremo esperienza sensoriale, perché è al «Pausilipon», entrando laddove c’è scritto «in nome della vita», che si coglie l’essenza di questa esistenza: la osservi, la annusi, la gusti e però la detesti anche, dopo esserti fatto raccontare dal dottor Ruotolo, il direttore sanitario, e dal dottor Gargiulo, il direttore amministrativo, quale sia il percorso da affrontare e dove porti, e quanti lo intraprendano – sessanta posti letto, una trentina di day hospital – e dove possa condurre, quel misterioso viaggio nell’ignoto, restando a vagare tra pensieri sparsi e però avvertendo d’aver cominciato una sfida inizialmente impari, ma che si può vincere. E a volte può aiutare a sentirsi meglio anche il soffio d’un sorriso.

Fonte: Corriere dello Sport
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