Il centrocampo è terra fondamentale, si sa, e nella terra di mezzo servono muscoli, fiato, forza, costanza, tenuta e tenacia. Non è da adesso che viene da pensare che i totem Inler e Dzemaili (visto l’infortunio di Behrami) debbano avere il giusto tempo per rifiatare: è chiaro, infatti, che i due senatori sono stati chiamati negli ultimi tempi a lavoro, superlavoro e straordinari non solo «per riconoscenza».
Ed è lì che il Napoli ha in pratica già agito in questa finestra di mercato: l’arrivo di Jorginho, per il quale è stata versata una somma di circa 5 milioni di euro pari alla metà, dovrebbe sistemare le cose là davanti alla difesa azzurra. Il brasiliano non è uomo di potenza e cingoli. Ha qualità enorme, ma il fisico non è proprio quello di un granatiere. Nel Verona era un vero leader: ha mostrato di avere capacità di prendere le redini del comando in campo, con una grinta alla Gattuso e la classe di Pirlo, incontrista e rubapalloni, ma allo stesso tempo con una visione di gioco alla Hamsik. Impressiona il modo in cui il centrocampista interpreta il ruolo: non si limita al compitino, si assume responsabilità anche scomode, dirige in mezzo al traffico, va a pressare quando è il caso di farlo, si oppone ai tentativi d’incursione degli avversari e detta i tempi della manovra.
A 22 anni, Benitez lo ha voluto perché per certi versi l’idea di trasformarlo in un campione vero lo esalta. In lui, raccontano, Rafa vede qualcosa di Mascherano. Benitez lo scovò al West Ham dove non stava proprio brillando, e lo portò al Liverpool trasformandolo in un fuoriclasse. E quando l’operazione venne fatta, Jefecito aveva poco più di 23 anni. Ovvero più o meno l’età dell’italo-brasiliano.
Una scommessa per Rafone, certo. Ma non proprio al buio. Come d’altronde non lo è stata quella di Mascherano. Jorginho è un regista classico, passo da bandolero stanco ma piede di cachemire. «Giorgio», il soprannome che gli hanno affibbiato all’Hellas e che si porta in dote a Napoli, ha un fisico un po’ da ballerina, 1,80 per quasi 70 chili. Insomma non un granché sotto questo aspetto. E a Castelvolturno è la prima cosa che hanno notato. Ed è forse questo l’aspetto negativo, a prima vista. Ma senso della posizione e personalità non gli mancano di certo. Lui, non ha soltanto ha segnato 7 gol in serie A (cinque su cinque su rigore, a proposito di personalità) ma ha guidato l’Hellas al successo nel campionato di B che non è proprio una passeggiata.
È un ventenne che si muove con la saggezza di un trentenne, dicono quelli che lo adorano. E sono tanti. Come per esempio Andrea Mandorlini, che a Verona lo sta già rimpiangendo: «Un calciatore dalle caratteristiche rare, bravissimo nella gestione della palla. Può giocare anche nel centrocampo a due, anche se è abituato a quello a tre».
A questo punto, Benitez sa bene di poterlo impiegare al posto di uno dei due centrocampisti davanti alla difesa a 4 (per esempio, al posto di Inler e al fianco di Dzemaili) oppure ipotizzare quel cambio di modulo che può mettere in maggiore sicurezza la fase difensiva. Nell’ipotesi di un 4-3-3 magari potrebbe piazzarsi sulla destra, o sicuramente in posizione centrale. Il resto fa parte di una valutazione che verrà fatta in corso d’opera perché Rafa ha duttilità e visione di gioco. Poi ha qualità, piedi buoni, visione di gioco e cervello: dunque giusto tenere in alto le aspettative anche senza avere la convinzione di aver preso già uno che cambierà il volto del Napoli. Già, bisogna andare avanti con prudenza. In fondo, un conto è giocare nel Verona e un altro nel Napoli.
E allora è questo il punto: l’inserimento a gennaio non è mai così immediato, l’ambientamento è cosa complicata e non rapida. Per certi versi, neppure così scontata. Un calciatore totale. Ora deve solo far vedere tutto questo con la maglia numero 8. Quella che ha scelto in onore di Juliano. Magari a partire già dalla gara con il Chievo. E se non sarà sabato, l’appuntamento slitta in automatico al match con la Lazio.
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