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Benitez Re degli scontri diretti. Su venti ne ha vinti ben tredici

Fu vera gloria: perché undici indizi fanno la prova, la riprova e pure la conferma che c’è un Grande Napoli tra le Grandi; ch’è quella la dimensione; che là dentro, nello stress palpabile del fascinoso match d’alta quota, c’è chi sa dare il meglio di sé; che ci vuole un’atmosera. Però è vera gloria: perché la Roma è adesso, ma un anno fa, quando pure la stagione s’è chiusa a distanza siderale da Madame, sono accadute cose che voi uomini…

LA STRISCIA. E allora: magari sarà anche mania di grandezza o esplosione d’amorosi sensi o chissà quale illeggibile diavoleria che scatena la psiche ed il 4-2-3-1, però prima che ci fosse l’1 di novembre, con quella maestosa esibizione di calcio, il Napoli alla Benitez s’è tolto la giacca ed ha cominciato a suonarle: era accaduto con il Borussia Dortmund, al debutto in Champions League della passata stagione, con la umana diffidenza d’un san Paolo pallidamente impaurito dal cambio del modulo. Fu vera gloria, eh sì, perché all’epoca quelli erano vice campioni d’Europa, mica gli involuti panzer di adesso. La Champions è una ferita (sempre), ieri come oggi: dodici punti per trovarsi fuori, dopo aver dato una lezioncina anche all’Arsenal.

VIVA L’ITALIA. La maledizione è in quella struttura piccolina e sfuggente, che sia il Chievo o l’Atalanta, della provincia; ma quando si presentano le star del firmamento nostrano, pure quello, il Napoli c’è: a Torino s’eclissò, vero, ed a Roma (in campionato) perse netto nel risultato ma non sfigurò mentre in coppa Italia ha dilagato; ma con il Milan è finita in festival sia all’andata che al ritorno e all’Inter del predecessore, Benitez riuscì a farne quattro; con la Lazio, idem (e successo poi risicato ma significativo in coppa Italia); e con la Fiorentina, fu vittoria (strettissima e fortunosa) all’andata, sconfitta (immeritata) al ritorno e successo nella finale di coppa Italia a Roma, che non potrà mai esssere catalogata come un trionfo. E contro Garcia e quella meravigliosa Roma, è capitato di rivedere il «Grande» Napoli verticale.

I NUMERI. Tredici vittorie su venti partite, facendo rientrare nel novero delle big il Borussia Dortmund e l’Arsenal (in Champions) e ritenendo come tali, della serie A, la Juventus, la Roma, la Fiorentina, la Lazio, il Milan e l’Inter, sei le sconfitte, due i pareggi (due a san Siro, contro i nerazzurri): la classifica «avulsa» di questo mini-torneo internazionale, senza frontiere e quasi senza limiti, ribadisce il concetto dell’europeizzazione di una squadra che riesce a scovare dentro di sé energie straordinarie negli appuntamenti, in quelli che sono Eventi, e non tradisce quasi mai. La sintesi dell’idea di calcio, del profilo elevato della propria identità, della capacità di raccogliersi e di raschiare il fondo del barile di un talento smodato, è nelle rappresentazioni che contano: ma «pesano» anche i punti con le piccole, utili per ingigantire la gloria (e la classifica).

Fonte: Corriere dello Sport
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