La frontiera tra un calcio e l’”altro” è in un quella spruzzata di limpidezza, di purezza, lanciata nel cielo azzurro (e trasparente) d’una vigilia tra uomini veri, onestamente autentici: e mentre Napoli-Cagliari sta per cominciare, il pallone finisce per scivolare a fondo campo, per diventare quasi un dettaglio, perché il palcoscenico è offerto all’etica, racchiusa in una frase-simbolo che definisce un senso d’appartenenza. «Mi sembra che Zeman avesse ragione sulle sue battaglie…». La domanda che scuote l’atmosfera e trascina a riflette sul passato – ma su codici di comportamento eterni – è lo spartiacque tra mondi diversi e quando a Rafa Benitez viene chiesto cosa pensasse di Zeman, delle sue sfide contro il doping e contro la Gea che gli hanno appiccicato addosso l’etichetta di anti-juventino, “el señor” della panchina evita la banalità, rompe lo steccato d’un possibile difensivismo di maniera e sceglie limpidamente di dire ciò che seriamente pensa su un tema per altri tabù, schierandosi: «I fatti hanno dimostrato che Zeman aveva ragione. L’unico suo problema è che fuma troppo e magari devo stargli lontano solo per questo. Ma le sue lotte sono state giuste».
RAFA E ZDENEK. Lo spartiacque è in quel rivolo di sincerità che spacca l’isolamento, allarga il partito degli onesti e riconduce quel macrocosmo che è il football ad interrogarsi su se stesso, su ciò ch’è stato, su ciò che vada inseguito (e in che modo) in questa vita da attraversare a testa alta: «Non so cosa io abbia in comune con Zeman, potreste dirlo voi che lo conoscete meglio: so che a lui piace attaccare ed a me anche; so che lui piace alla gente e non so se sia positivo italianizzarsi, calcisticamente intendo: so che se serve io posso fare qualcosa di diverso. E so anche che questa sarà una bella partita, contro una squadra che non verrà qui a difendersi, proverà a fare la sua partita, a sfidarci a viso aperto, e questo ai tifosi fa piacere».
IO STO QUA. Il calcio, moralmente corretto, può poi essere altro ancora: perché, ore 15, c’è Napoli-Cagliari, in un san Paolo che si ripopola (45mila almeno), con il richiamo della classifica da assecondare e un’eco (quasi un tormento) che trascina a parlar di contratto. «Sono stato un paio di giorni a Liverpool, dove vive la mia famiglia, e qualcuno dice che tornerò lì. Non posso controllare ciò che scrivono i giornali ma io ora sto qua, la città mi piace, e quando sarà il momento parlerò con De Laurentiis del futuro: ora devo pensare alle partite, a questa difficilissima che arriva, poi a quella di Praga; devo scegliere chi far giocare al posto di Insigne e Mertens; non possiamo distrarci».
EN PLEIN. Si gioca e sarà una tenerissima ossessione di vivere tra le stelle: «Se lei mi chiede cosa mi aspetto da queste prossime cinque partite di campionato, le dico che vorrei 15 punti; ma noi dobbiamo cominciare prima a conquistare questi tre con il Cagliari, e non sarà semplice: servirà tanta intensità, tanta attenzione». Si gioca e sarà una domenica da offrire ad Aurelio De Laurentiis, per stargli fisicamente – ed emotivamente – al fianco, e testimoniargli, come nell’incontro di ieri a Castelvolturno, la solidità del legame tra squadra e tecnico e presidente. Si gioca e sarà magia del calcio verticale, la ricerca della felicità ritrovata attraverso il palleggio e la varietà d’interpretazione d’un sistema (mica solo un modulo) che è al di là di quel muro ed è condiviso: «Aveva ragione Zeman». In due (almeno in due) ci si fa bella compagnia….
Fonte: Corriere dello Sport
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