La Grande Bellezza è in quell’opera Maestosa che rapisce gli sguardi, nell’immensità d’un calcio verticale, nella sublime interpretazione che disegna parabole fantasiose nel luccichio d’un San Paolo stordito. La Grande Bellezza è in quella dimostrazione sontuosa di se stesso, d’un Napoli che strega e seduce: e mentre intorno l’euforia allo stato puro evoca l’esondazione d’un fiume, al di là degli argini – nella “normalità” – c’è una realtà da afferrare con senso pratico per evitare d’imbattersi nelle vertigini. «Si, è vero, è stato bel calcio, ma possiamo far meglio: nove palle-gol e però siamo riusciti a segnarne soltanto due; ma poi anche qualche disfunzione tattica in certe fasi della partita. Ma, ci mancherebbe, sono contento».
Le stelle. La Grande Bellezza è la rappresentazione scenica d’un football “europeo”, d’un respiro internazionale che si coglie nelle movenze, nella filosofia, nella scelta (anche) di vita che trasforma Rafa Benitez, così d’incanto, nel santone d’un universo che rimane sbalordito da così tanta esuberanza e da una qualità espressiva capace d’incantare. «Non è il momento dei rimpianti, perché ciò che è successo rimane e non si può modificare: però pensate dove saremmo se solo avessimo cambiato il destino delle nostre ultime due trasferte, in casa dell’Inter e dell’Atalanta. Però conosco il calcio da tempo, so come può andare una partita, cosa la possa determinare. Sono contento di quello che abbiamo fatto, perché stavolta siamo stati quasi perfetti giocando contro la Roma, un’avversaria di spessore, che sta facendo benissimo, che era la capolista».
Calma. Adelante, ma con giudizio, lasciandosi scivolare in quella nuvola di felicità collettiva che s’avverte nel San Paolo festante per un’ora e mezza, afferrando e domando quella partecipazione di massa che infiamma e trasforma in eroi i martiri d’un trimestre nevrotico, annebbiato dal San Mamés.
«Adesso bisogna restare concentrati, recuperare le energie, pensare che siamo finalmente sulla strada giusta. Lo conferma, ciò, l’impatto che hanno avuto sulla partita Gargano, Inler e Mertens, calciatori entrati dalla panchina ma subito nella partita. A me di questo Napoli sono piaciute varie cose, ma l’intensità è stato il particolare decisivo: dal primo minuto, siamo stati capaci di fare ciò che sappiamo fare. Ora bisogna gestire la gioia di questa città che sogna lo scudetto: si può farlo restando con i piedi per terra».
Hombre. Il capolavoro è nelle pennellate d’autore, nell’istinto e nel talento codificato ad immagine e somiglianza di quel modernismo madrileno che s’avverte nel san Paolo e produce estasi: «Vincere contro una squadra come la Roma, e farlo in questo modo, aiuta: abbiamo toccato un livello elevato di calcio, ma si può fare meglio. Sono contento per i tifosi, per Higuain che ha confermato, semmai ce ne fosse bisogno, di essere un campione, per Koulibaly che ha fatto una prestazione di spessore, per tutti. Per l’equilibrio dimostrato, perché ad avversari così bravi non abbiamo concesso granché. Se proprio devo trovare un neo, a volte dovremmo essere ancora più cattivi. Ma forse da oggi avvertiremo maggior fiducia in noi stessi e sempre più convinzione».
Specchio, specchio delle sue brame…
Fonte: Corriere dello Sport
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