Il tecnico del Napoli, Rafa Benitez, è stato intervistato dal giornalista Paolo Condò per Gazzetta TV, canale 59 del digitale terrestre. Ecco le parole del tecnico spagnolo raccolte dalla redazione di IamNaples.it:
“L’amore dei tifosi del Liverpool? Era difficile da gestire, i tifosi di Anfield sono sempre affianco alla squadra, la loro passione si sente costantemente, gli piace il calcio, amano il Liverpool, sono stati anni fantastici lì. Sulla finale di Champions League contro il Milan? Alla fine del primo tempo pensavo e ripensavo al discorso tattico ed emotivo da fare negli spogliatoi alla squadra, dissi ai ragazzi di provare a fare un goal perché poi il match si sarebbe riaperto, quel gruppo aveva grande cuore, riuscimmo a riaprire il match e vincere quella finale. Un tecnico può essere più o meno passionale ed emotivo, a me piace mandare il segnale giusto alla squadra che va in campo. ‘Never Give Up’, non mollare mai, può essere un po’ il motto della mia carriera, nel 2001 ottenni la promozione nella Liga con il Tenerife duellando fino alla fine con l’Atletico Madrid proprio seguendo questa mentalità, fondamentale per le piccole squadre. Io allenatore da Coppa? L’ho spiegato tante volte, in campionato il fatturato ti consente di avere una squadra più forte e di vincere sul lungo periodo, in coppa è diverso perché nella singola partita queste cose si annullano, ho sempre allenato squadre che non erano le favorite e che avevano 3-4 formazioni più forti nello stesso campionato. Il segreto delle finali vinte? I giocatori preparati e lo staff tecnico che mi dà una mano sempre. Ho vinto spesso ai rigori perché faccio lavorare la mia squadra su queste situazioni, ad Istanbul contro il Milan preparammo questo aspetto, studiammo tutti i tiratori e gli angoli dove preferivano calciare. Come si gestisce un ambiente arrivando dopo un tecnico che ha vinto tanto? Avendo fiducia nel proprio lavoro e gestendo al meglio la squadra, parlando con loro a viso aperto e spiegando le proprie idee, poi si prende una decisione e si parte. Sul ruolo del manager all’inglese? In tutta la mia vita ho fatto l’allenatore, a Liverpool ho fatto 6 anni da manager, puoi farlo ad alti livelli se il tuo staff è preparato. A Napoli sono un allenatore e non un manager, il direttore sportivo è Bigon. Su David Lopez? Con Bigon lavoriamo su una lista di nomi lunga, per il ruolo David Lopez copriva le nostre necessità da un punto di vista tecnico, è però un acquisto fatto di comune accordo con la società. Il passaggio dal 4-4-2 al 4-2-3-1? Prima a Valencia e poi a Liverpool, con Gerrard e Torres che sono stati la coppia perfetta per questo modulo, ho lavorato con il 4-2-3-1, ci vuole velocità ed intelligenza, il modulo comunque dipende dalle caratteristiche dei calciatori. Cosa è successo a Torres? Il suo è un livello altissimo, mantenerlo però costante è dura. Fernando ha lavorato molto bene a Liverpool dove si giocava anche per lui, in altre squadre, con calciatori con caratteristiche diverse, è diventato meno importante ed ha fatto meno la differenza. Sull’eliminazione contro l’Athletic Bilbao ai preliminari di Champins? Ho ridato motivazione alla squadra lavorando tutti i giorni, Gonzalo era tra i più tristi, lui ha grande voglia di vincere. Su Pepe Reina? Ha una grande personalità, è uno spagnolo-napoletano, gli piace sorridere, scherzare, ha fiducia nei suoi mezzi, anche a Liverpool è stato molto amato dai compagni, ci è mancata un po’ la sua leadership in questa stagione, a lui risulta naturale, oggi è Gonzalo che prova a sostituirlo in questo ruolo. Su Insigne prima punta? Me ne parlano in tanti, chi lo fa non conosce realmente il calciatore, la sua qualità è la rapidità, è veloce e può saltare l’uomo, può fare lavoro in fase di non possesso senza problemi, per me non è un calciatore che può giocare dietro la prima punta e questo lo dico osservandolo in allenamento tutti i giorni, potrà certamente fare più reti, migliorerà con il tempo sotto questo aspetto. Su Gabbiadini? Ha un sinistro straordinario, oltre a questo però è un calciatore che ascolta e che vuole imparare, avrà un futuro importante. Su come si prepara un match? Tutti dobbiamo sapere come gioca l’avversario, qui in Italia si prepara il match sull’altra squadra, noi però dobbiamo sforzarci a cercare una nostra identità di gioco. Perché non resto a vivere a Napoli? Per motivi di lavoro è più facile vivere vicino al centro sportivo di Castel Volturno, Napoli è una città straordinaria ma era impensabile fare 45 minuti di macchina ogni giorno, all’andata e al ritorno, per andare all’allenamento, per stare più concentrato sulla squadra e sul lavoro da fare in settimana ho preferito vivere nell’albergo vicino al centro sportivo. La città comunque mi piace perché è molto simile alla Spagna. Il Real Madrid o la Nazionale Spagnola? Sono situazioni troppo diverse, il Real Madrid è la squadra della mia città e di tutta la mia vita, quando sarò vecchio magari posso pensare alla Nazionale.”
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