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Benitez: “Il rigore ha deciso la partita, eravamo venuti qui per vincerla”

L’estasi è in quelle immagini ormai (già) sbiadite, nel ricordo lontano di un’estate all’epoca resa incadescente da capolavori scivolati nel sottoscala. Il tormento è ora, in quell’inverno freddo ch’entra nella carne, tra ferite aperte e mai rinchiuse, in una Dortmund che avvolge nel gelo d’un 3-1 (e non solo in quello) e stordisce. «Ma a me la squadra è piaciuta, perché ha fatto una grande partita contro uno dei club più forti d’Europa. Abbiamo mostrato «Se abbiamo subito molto, il motivo è nello svantaggio iniziale. Quel gol ha cambiato tutto»carattere, abbiamo avuto intensità e
se abbiamo subito troppo, onestamente, il motivo è nello svantaggio iniziale, in quel rigore che ha cambiato praticamente tutto e che ha determinato lo svantaggio. Gli abbiamo concesso qualche ripartenza, ma….» . Arrivederci, Napoli, però accendendo il cero, invocando il santo protettore, mischiando magari il sacro con il profano e poi lanciandosi in quel tempio ch’è il San Paolo dal quale attingere le energie smarrite: tre reti dalla Juventus, una dal Parma e altre tre dal Borussia, concentrate in un frullatore che ha frantumato i sogni e costruito incubi con i quali convivere. Arrivederci Napoli: e l’undici dicembre, affinché non si congelino le fantasie e le speranze, sarà necessario – pardon, indispensabile – il miracolo, ma da Higuain e/o da Hamsik, da Insigne e/o da Callejon, non certo da quel Reina scopertosi eroe inutile in una serata terrificante, con missili terra-aria da deviare a ripetizione, aspettando che Benitez magari provasse a disinnescare il Borussia Dortmund. «Ma iniziare sotto di un gol non è stato il massimo. Però ci abbiamo messo la grinta, la voglia di vincere: ai ragazzi non posso rimproverare nulla, ognuno ha fatto quello che poteva, un gran lavoro. Resto convinto che sia stata una prestazione positiva».

 

DIFFERENZE – Ma la matematica non è un’opinione, né un esercizio dialettico, né discussione accademica su sistemi, moduli, interpretazioni e lettura (personale) d’una partita: l’aritmetica, persino quella «Ci sono molti segnali positivi da cogliere, per esempio il buon impatto di Insigne»che ignora la classifica, è nelle
diciotto conclusioni (un’enormità), nelle prodezze di Reina che hanno tenuto vive le ambizioni di rimettersi in partita, in quella distanza ormai rilevante che separa dall’Arsenal e dagli ottavi di finale, seriamente a rischio persino (ed eventualmente) con dodici punti. «Ma a me, per esempio, non è sembrato che a questa squadra sia mancata cattiveria e se si è notata qualche differenza tra noi e il Borussia, la ragione è semplice: sfidavamo i vice campioni d’Europa, squadra che da anni porta avanti il proprio progetto con lo stesso tecnico». Poi, tracce d’analisi del recentissimo passato: «Inutile ricordare le differenze di budget…Noi abbiamo appena cominciato, siamo partiti assieme da pochissimo, però siamo ancora in corso: io sono soddisfatto di quello che il Napoli ha dato, del modo in cui ha affrontato la partita. Ha provato a vincerla, come fa sempre: questa è la nostra mentalità».
RABBIA E ORGOGLIO – Ma ciò che resta è l’aut aut che impone la classifica, in quel 3-0 (o equivalente) ch’è l’unica strada percorribile da Benitez per restarsene tra gli eletti: «Non ho paura che vengano meno le nostre certezze. Abbiamo sfidato la più forte d’Europa a campo aperto, siamo andati sotto dopo dieci minuti, abbiamo creato le condizioni per pareggiare. Con l’Arsenal penseremo prima a vincere poi a segnare le reti che ci servirebbero, anche se il Borussia dovrà comunque battere il Marsiglia. Ma in questa sconfitta ci sono tanti segnali da cogliere: l’impatto di Insigne, ad esempio, che è entrato bene; l’atteggiamento generale dei ragazzi: in Europa, per arrivare a certi livelli, non si può stare con dieci uomini dietro la linea del pallone» . Undici dicembre: chissà se poi sarà Natale (sia chiaro: solo calcisticamente parlando).

Fonte: Corriere dello Sport

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