La festa con i coriandoli e i fuochi artificiali è pane per i denti del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, eterno uomo di spettacolo. Un lungo abbraccio con il presidente del Coni, Giovanni Malagò. «Questa Coppa – ha commentato subito ai microfoni tv – va dedicata alla città, ai tifosi qui presenti e quelli a casa ma soprattutto al napoletano ferito e prontamente ricoverato».
Non ha esitato il patron azzurro: «Credo sia fuori pericolo, la coppa è dedicata anche a lui. Nel momento prima della gara non ho pensato a nulla, ma solo a creare le condizioni per far giocare la partita. In caso contrario sarebbe stata una sconfitta per il calcio».
Quando la possibilità che la partita si giocasse era peso al sottile filo degli umori degli ultrà, De Laurentiis si è attivato: «Abbiamo risolto il problema anche grazie alle tifoserie, che sono state comprensive». E Benitez? «Non devo difenderlo, non ha bisogno delle difese di nessuno. È un grande professionista, con tanti cambiamenti è riuscito a vincere una coppa e offrire un campionato straordinario. Conosceva poco la squadra in un ambiente che conosceva poco. Giocare in Italia è una cosa, a Napoli è un’altra. Benitez resta nella mia organizzazione». Non si sbilancia, ovviamente, sul mercato. Mantiene le sue carte coperte. Chiede di pazientare: «Inizia tra un mese, non scherziamo».
Poi in sala stampa, accompagnato da Rafa Benitez, s’è goduto i complimenti. È appagato di questa vittoria? Ha alzato le mani: «Mai, mai appagato». Quando veniva sottolineato il valore della prova di Lorenzo Insigne, il presidente ride sotto i baffi. Per il patron è la seconda Coppa Italia della sua stagione. «La bontà del nostro progetto è anche nella scelta di Benitez. La seconda Coppa è prestigiosa, ma mi fa piacere, perché possiamo giocare con la Juve la Supercoppa e batterla di nuovo».
Ha ricordato come hanno valutato, in tribuna d’onore, la situazione dei feriti e come la stabilizzazione delle loro condizioni e soprattutto il chiarimento che gli scontri non erano avvenute tra azzurri e viola, hanno fatto pendere il piatto della bilancia per la partita. Se l’è presa, anche con il ministero dell’Interno che non si è dimostrato capace di saper spesso gestire avvenimenti sportivi di questo livello. Ma questa volta è tutto filato liscio. Il presidente ha insistito molto sulla necessità di giocare la partita: «Non abbiamo trattato con la tifoseria, abbiamo deciso di rispettare anche la gran parte del pubblico compreso quello televisivo. E poi abbiamo dimostrato di fare un grande spettacolo, a parte i petardi sparati prima della partita. Abbiamo deciso di giocare perché le notizie che arrivavano erano confuse e parziali. Credo che le tifoserie napoletane e toscane abbiano dato una grande prova di maturità. Quello che è avvenuto a chilometri di distanza non ha nulla a che vedere con l’evento sportivo».
Ieri, nonostante il dolore, il sangue e la paura, la prova del Napoli è stata gagliarda. Quando ha visto sfilare i suoi ragazzi davanti al presidente del Senato, Pietro Grasso, che metteva al collo dei campioni la medaglia del quarto trofeo di Coppa, gli occhi gli luccicavano di soddisfazione.
Una partita così, giocata in un clima di pericolosa tensione, anche se non riscatta una stagione con qualche errore, di certo la rende più brillante. Ora toccherà festeggiare a Napoli, con i tifosi che hanno assistito al match da lontano, tesi come uno spago prima per le drammatiche notizie dei ferimenti e poi scatenati per la vittoria. E alla domanda precisa ha risposto: «Martedì dovevo partire per Los Angeles ma ho rimandato tutto. Martedì, in occasione di Napoli-Cagliari, porteremo la Coppa a Napoli e al San Paolo, la festeggeremo allora. Qui a Roma, con quello che è successo non mi è sembrato il caso. La Coppa Italia la terrò nel mio ufficio a Roma e la porterò a Napoli martedì sera: sarà il momento giusto per condividere la gioia con i nostri tifosi».
fonte: il mattino
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