Il cambiamento non è stato soltanto di allenatore e uomini, ma di filosofia. Benitez ha collocato al centro del progetto la squadra e non più l’assoluto fuoriclasse (Cavani). La partenza del Napoli è stata lanciata, poi il brusco rallentamento, collegato non soltanto a ristrutturazione tecnica e cambio di mentalità, ma anche alla gestione della squadra: Mazzarri teneva i giocatori sempre sotto pressione, Rafa li lascia liberi anche alla vigilia delle partite. Il Napoli è terzo in campionato e il raffronto con la squadra 2011-2012, quella che partecipò alla Champions (venne battuta solo dalle finaliste Chelsea e Bayern), è positivo perché Rafa ha 8 punti in più in campionato e 1 in più nel girone europeo, anche se rischia di essere eliminato. Ma la squadra ha perso in brillantezza e sul progetto sorgono le prime perplessità anche se la corsa scudetto è aperta, il valore della rosa è palese e l’esperienza di Benitez è notevole. Non si può aspettare il mercato di gennaio per risolvere i problemi, tuttavia. Vi sono interventi da effettuare prima per recuperare punti in classifica e tentare l’impresa della qualificazione agli ottavi Champions nella partita contro l’Arsenal l’11 dicembre. La condizione fisica. È stato il punto forte – ovviamente dopo i 103 gol di Cavani – della gestione Mazzarri. Una squadra di corsa e combattimento il suo Napoli grazie all’abilità del preparatore atletico Pondrelli. Mai un infortunio muscolare, rari e brevi i cali di condizione. Lavoro pesante, a differenza di quello di Benitez, che fin dal ritiro di Dimaro ha fatto svolgere la preparazione all’80 per cento con il pallone e al 20 per cento “a secco”: inevitabile la flessione quando sono cominciati gli impegni ravvicinati, non a caso Rafa sottolinea spesso la differenza con le squadre che giocano una partita a settimana. La tattica. Mazzarri era fedele al 3-5-2, modulo efficacemente difensivo. La parte offensiva era affidata a Super Cavani, alle incursioni di Maggio e Zuniga e agli inserimenti di Hamsik. Anche Benitez è ligio al 4-2-3-1, modulo a trazione anteriore che presuppone il sacrificio non solo dei due mediani, ma anche degli esterni e almeno di una punta per mantenere l’equilibrio, saltato contro Parma e Borussia. Rafa avrebbe potuto coprirsi con un mediano in più, ma la sua mentalità è questa. Però quanto hanno sofferto Behrami e Dzemaili l’altra notte. La difesa. È stato il punto forte del Napoli di Mazzarri. Spesso impenetrabile, con i tre centrali (Campagnaro è passato all’Inter, Cannavaro è finito fuori squadra e Britos è discontinuo) affiancati da Maggio e Zuniga, i primi infortunati di questa stagione: i disagi della squadra sono cominciati quando si sono fermati gli esterni. Albiol è esperto e ha classe, ma da solo non può reggere il peso del reparto. Per fortuna, Benitez ha indicato Reina dopo la rinuncia a Julio Cesar: portiere straordinario, tra i migliori al mondo, quanti gol è riuscito ad evitare nelle ultime partite. Peccato che a giugno vada via: vuole il Barcellona, il sogno di una vita. L’attacco. De Laurentiis era stato chiaro nel primo colloquio con Benitez sulla probabile partenza di Cavani il 20 maggio a Londra. Il Matador, infatti, è partito. Il Napoli ha incassato i 64 milioni della clausola e 40 li ha investiti su Higuain, forte e incisivo nelle primissime giornate. Poi è calato, anche a causa di problemi più psicologici che fisici (il timore di un nuovo infortunio muscolare). La sua condizione non è smagliante: poco mobile, tira raramente, c’è chi lo vede in sovrappeso. Nelle ultime tre partite il Napoli ha incassato sette gol e ne ha segnato uno, quello di Insigne a Dortmund. È venuto meno anche Hamsik, ora infortunato ma prima non efficace negli inserimenti, un’ombra rispetto all’inizio della stagione. Si era detto che giocava più libero con Benitez, in realtà non c’erano grandi differenze rispetto a Mazzarri e comunque tanti problemi Marek non li aveva mai accusati.
Fonte: Il Mattino
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