Il futuro è un’incognita: però c’è una striscia d’azzurro nella quale lasciarsi andare. «Ora decidiamo noi cosa vogliamo fare». Domani saranno altri giorni e comincerà il mercato, e si danzerà intorno ai bilanci e agli ingaggi, e si penserà alla tolleranza zero negli stadi ed intorno ad essi, e si resterà inchiodati su quel contratto che a tratti sembra scorgersi («qui è stato fatto tanto in dieci anni e De Laurentiis è stato bravissimo: manca l’ultimo step,il più difficile, ma lavorando e creando le condizioni ideali è dimostrato che si possono ottenere risultati») e però prima ci sarà l’Empoli. «Che gioca veramente bene». Il calcio è una palla nella quale si può leggere – ognuno a modo suo – il mondo di Benitez, ch’è di una chiarezza estrema: è l’unione che fa la forza.
Tre pareggi in duecentosettanta minuti: è il suo Napoli, Benitez?
«Ripartiamo dal finale di partita con la Sampdoria, quella mezz’ora nella quale abbiamo fatto molto bene e siamo stati capaci di pareggiare anche in inferiorità numerica. E’ quella la dimostrazione che dobbiamo offrire ancora di noi. Io lunedì sera il bicchiere l’ho visto mezzo pieno».
Intanto, siete vivi sul mercato.
«L’assenza di Insigne ci ha creato un problema, ma io vedo un De Laurentiis molto attivo per fare qualcosa ed in tempi rapidissimi. Voi mi chiederete di Gabbiadini, ma io su certi temi non parlo».
Avrà capito cosa non va nella sua difesa?
«E’ fondamentale la marcatura preventiva, dunque la concentrazione. Io penso che la squadra abbia i suoi equilibri, semmai commettiamo qualche errore di troppo. Guai ripetersi con l’Empoli, sono bravi e lo hanno dimostrato».
Un limite grosso: buttare via (almeno) un tempo e poi divorare gli avversari.
«Ne abbiamo parlato con i ragazzi, dobbiamo essere bravi nel gestire il vantaggio e ancor di più nel conquistarlo. L’ho detto alla squadra: è arrivato il momento di capire cosa vogliamo fare, chi vogliamo essere. E quando parlo di problemi difensivi, sia chiaro, io mi riferisco alla fase difensiva. La partita con il Cagliari è stato l’esempio più eclatante».
Intanto cresce Jorginho…
«Quando l’abbiamo acquistato, cercavamo un giocatore con le sue qualità».
Onestamente, le manca qualche rigore…
«Ma se questo accade altrove, se ne parla a lungo. Qui invece si tende a sottolineare i nostri errori. Noi non cerchiamo alibi, né sto dicendo che ci sono club con maggior peso politico, ma mi sembra che l’attenzione mediatica, su certi episodi a noi sfavorevoli, sia minima. Poi sarò curioso di vedere se alla fine dell’anno si compenseranno certe situazioni».
La violenza è esplosa con crudeltà anche in Spagna.
«In Inghilterra esistono leggi severe, in Italia c’erano punizioni contro le curve che offendevano e sono state tramutate in multe alla società. Ma la prima risposta deve darla il Governo e gli stadi vanno consegnati ai bambini ed alle famiglie».
Chi vincerà il pallone d’Oro?
«Non mi interessa, finché non toccherà ad un calciatore del Napoli…»
Questo Hamsik la soddisfa?
«Io lo aspetto sempre. Lo vedo allenarsi bene e so quello che può darci».
Il gap dalle grandi si può colmare?
«Il discorso è quello di sempre: ci sono club con fatturati maggiori e dunque con possibilità maggiori. Ma si può vincere e lo so io che ci sono riuscito a Valencia e a Liverpool, che con il Chelsea ho chiuso il mercato con 5 milioni di sterline di attivo. Per riuscirci, serve però un ambiente compatto, la perfezione sul mercato, magari un attaccante da 35 gol come lo fu Cavani».
Il pareggio della Juve a Firenze dà ulteriore spessore alla vostra affermazione al «Franchi»: più rimpianti o più gratificazioni?
«Ho fiducia nei ragazzi, dobbiamo crederci sempre. Non guardo la classifica ma so che la stagione è lunga. Però è arrivato il momento di capire cosa vogliamo fare, dove vogliamo arrivare….».
Fonte: Corriere dello Sport
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