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Benitez cerca di scuotere il Napoli: “Sappiamo quanto valiamo, dobbiamo solo dimostrarlo”

QUINDICI MINUTI. Perché poi basta poco, a chi vive il calcio da dentro, riuscire a sintetizzare la verità, tutta la verità e null’altro che la verità: e Napoli-Chievo ha detto anche di otto palle gol, di un umanissimo errore dal dischetto, d’un primo tempo oltremodo dignitoso. Semmai, il mondo è crollato addosso dopo che Maxi Lopez ha infilato il coltello nella piaga difensiva e lì è cominciato il caos. Ma la tattica, la tecnica, il 4-2-3-1 vengono ben dopo quell’effetto devastante della lama che il Chievo ha sistemato nel corpo del Napoli, che a quel punto ha smarrito la testa, e dunque se stesso, lasciando travolgere dalle paure, da insicurezze che Benitez ha tentato di rimuovere a modo suo, con la calma che è (e dovrebbe essere) la virtà di chi sa d’essere forte. «Noi lo siamo ma è un momento in cui ci sta andando male. Però bisogna dimenticare la Champions e rialzarci».

NIENTE TENSIONE. Ricostruire il Napoli non è esercizio complesso, nella quiete di Castelvolturno, in quel colloquio che ha il desiderio di incollare le pagine d’un promemoria smarrito poi cammin facendo, nel corso d’una domenica amaramente paradossale: perché quando il Chievo è volato via, il Napoli s’è dissolto come entità di squadra ed ha cominciato a ragionare caoticamente e, talvolta, attraverso ragionamenti personalizzati. La smania di chi vuole riprendersi in fretta, ben sapendo che invece va fatto altro, semmai va data velocità all’azione, al giro palla per spostare l’avversario e creare gli angoli di passaggio. In teoria, ciò che da un anno è scritto (e dimostrato) in campo: palleggiare e però in scioltezza e anche cambiando il fronte del gioco, portare fuori gli avversari e allargarli, poi cercarsi e trovarsi anche nello stretto, un po’ come accaduto in avvio di gara, quando la nebbia non era ancora calata «nel» Napoli.

CORAGGIO. I presupposti per disquisire, tranquillamente, appartengono alla cultura distensiva di Benitez, ignifugo alle situazioni roventi, capace di districarsi nelle fiamme della ostilità di Chelsea e amareggiato per l’esito della partita, per alcuni tratti di quell’ora e mezza, non dall’atteggiamento iniziale, né dalla capacità di crear calcio per quarantacinque minuti. «Ma adesso dobbiamo reagire». Un colpo di spugna: Bilbao, addio.

Fonte: Corriere dello Sport
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