MAGISTERO. Quando il calcio esce dal contorsionismo per il quale esiste (sempre e solo) la vittoria, ce l’ha portato Rafa Benitez, che non allude ma mira dritto al cuore d’una questione (antropologica verrebbe da dire) ch’è utile per allestire la propria conferenza stampa in versione umanistica. «Perché altrimenti facciamo audistruzione. E allora, dovesse andar male, non credo che sia gratificante per qualche critico dire: ma io l’avevo previsto. No, il football è altro, non può essere un umore che si modella ogni tre giorni. Io vado avanti per la mia strada e De Laurentiis è al mio fianco: siamo d’accordo al cento per cento, sappiamo cosa vogliamo, sappiamo che possiamo andare anche oltre il terzo posto».
LA «BOMBA» . Ma tra le «terrene» vicende d’una vigilia di Napoli-Parma che Benitez trascina oltre, c’è anche una confessione che serve per «cancellare» le divagazioni sul suo contratto, sulla sua firma, sul suo futuro. «Ho ricevuto due offerte quindici giorni fa, e per correttezza non dirò da chi, e una di queste era per quattro anni e tanti soldi: ma io sono l’allenatore del Napoli, qui sto bene e darò quello che ho se resterò qui domani, altri sei mesi o dieci anni, perché io voglio vincere. E se non lo facciamo, non dipende dal modulo, né dal fatto che a Milano io abbia scritto molte cose in panchina. La cattiveria non si compra al secondo piano del supermercato, nè urlando: io sono questo e penso che la strada giusta per riuscire ad ottenere successi più frequenti e non ogni venticinque anni sia quella che stiamo seguendo. Certo, dovremo sbagliare di meno….». E amarsi di più…
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