L’uomo delle coppe, freddo, lucido e abilissimo nella gestione dei suoi uomini, non è tipo che si scompone facilmente. Neppure dopo aver travolto i vicecampioni d’Europa del Borussia Dortmund. «Penso che ci siano ancora dei grossi margini di miglioramento, ma dopo la partita contro i tedeschi non posso che dirmi soddisfatto. Non avrebbe senso parlare delle cose che non hanno funzionato. Ma ne ho viste».
Non è stata, insomma, per Rafael Benitez la serata perfetta. Ma è il pregio principale di questo tecnico spagnolo furbo e con innato senso politico delle cose: «Anche in dieci uomini non è stato semplice, perché non sempre abbiamo fatto bene le cose che ci siamo detti prima della gara. Poi quando i ragazzi hanno cominciato a recuperare palla, a far decollare le ripartenze e ad aumentare l’intensità del ritmo del gioco le cose hanno funzionato. Ma è chiaro che dobbiamo ancora crescere». Nei suoi dieci titoli nella bacheca di casa, un solo campionato (col Valencia) e nove trofei internazionali. Il suo calcio non ruba l’occhio, ma arraffa vittorie. «Forse potevamo gestire meglio la palla nel finale, ma contro avevamo il Borussia che meno di cinque mesi fa giocava la finale di Champions».
Lui, in quei giorni, era ad Amsterdam ad acciuffare l’Europa League con il Chelsea. «I giocatori in campo sono stati bravi, loro sono sempre stati pericolosi: abbiamo lottato a testa alta contro una squadra fortissima, ma abbiamo anche dimostrato di saper soffrire quando c’è stato da stringere i denti. Insomma, non posso che essere contento». Benitez è abituato a sorridere all’esordio in Champions: è la nona volta che non perde. Percentuale del cento per centro. Così come la striscia sulla panchina del Napoli: quarta vittoria in quattro gare ufficiali. «Normale avere qualche difficoltà quando giochi con una squadra che in Germania è a punteggio pieno. Godiamoci questa vittoria per una sera, perché da oggi in poi c’è da pensare allo scontro di San Siro contro il Milan».
Una sfida speciale, il suo ritorno a Milano dopo l’addio amaro all’Inter nel dicembre del 2010. «Non mi piace parlare dei singoli, sono contento di Insigne, Maggio e Zuniga ma se proprio devo fare dei nomi non posso non parlare della prova stellare. Ho sofferto un po’ nel finale della partita, come tutti i tifosi del Napoli: volevo far entrare Mesto ma ho fatto fatica a farmi sentire in mezzo al campo. Abbiamo stretto i denti, e anche questo è stato un gran segnale perché con vittorie così sale la fiducia». Ovvio che ha qualcosa da rimproverare ai suoi. Fa fatica a dirlo. Ma alla fine lo fa: «Avremmo dovuto fare prima il terzo gol, fare più ripartenze veloci. Ma è difficile trovare delle note stonate: tutti erano concentrati, consapevoli dell’importanza dell’incontro, del fascino di questa sfida».
Analizza la prova di Insigne: «Ha fatto un gol speciale. Perché ho scelto lui e non Pandev? Abbiamo una rosa molto ampia, in questa squadra quello che prevale è il gruppo e non il singolo. Ho deciso martedì di farlo giocare e sono felice per la sua rete». Tira le somme del match: «Dopo due mesi neppure io mi aspettavo di avere un Napoli così competitivo e tra due mesi andrà anche meglio». Alla fine, teso come mai prima d’ora si lascia andare: «E così oggi tutti festeggeremo ancora meglio il miracolo di San Gennaro…».
Fonte. Il Mattino
La Redazione
M.V.
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