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Bellinazzo: “Napoli, la crescita del brand passa anche per il gioco…”

Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore, ha parlato nel corso di Un Calcio Alla Radio, su Radio Napoli Centrale:

“Oggi è il calcio è un settore di entertainment a tutti gli effetti e la ricerca del bel gioco non è più fine a sé stessa, di lì passa la funzionalità del brand di una squadra, nonché un’ottima pubblicità anche per i più giovani che fanno sempre più fatica ad essere attratti da questo sport. Questo Napoli sta facendo esaltare il mondo intero e non è altro che il riflesso del bel gioco, questa visibilità a livello internazionale può attirare tanto e impreziosire i contratti commerciali. Pensiamo al fatto che gli inglesi questo l’hanno scoperto molto tempo fa ed in termini monetari, le squadre che giocano meglio sono quelle che più spesso le pay TV inglesi mandano in onda e ricevono, quindi, più soldi per i diritti TV. Il passaggio tra bel gioco e risultati sportivi è molto chiaro al calcio inglese e dovrebbe esserlo anche in Italia. Se quella del Napoli non è un’unica stagione, ma un percorso da fare, il club può diventare un brand del bel gioco, di calcio propositivo che può divertire le persone e che può produrre vittorie, che è quello che conta.

Proventi TV distribuiti in base ai presunti tifosi? Presunti fino ad un certo punto. C’è una quota divisa per il bacino d’utenza fatto di una serie di criteri. Prima era molto più aleatorio, perché il 20% veniva distribuito a seconda di ricerche di mercato. È un criterio che viene suffragato anche dai dati dell’audience televisiva e misura quanto vale quella squadra in termini di potenziali spettatori. A mio avviso, questi criteri andrebbero rivisti, aumentando la quota che viene distribuita in maniera paritaria. C’è da valorizzare, ancora di più, il merito: la classifica ed i risultati ottenuti, quello è il seguito effettivo di una squadra ed è l’unico modo per scalfire certe gerarchie. In Italia, esiste ancora un parametro legato alle vittorie dal 1946.

Napoli, Milan e Atalanta alte in classifica? La pandemia ha mandato in fumo certi investimenti di alcuni club come la Juventus con l’operazione CR7. Il calcio italiano si trova in una situazione in cui c’è un campionato di passaggio e non possiamo più pensare di andare a comprare grossi giocatori da stipendi milionari, ma nuovi giocatori che hanno fame e poter crescere tanto che garantiscano vere plusvalenze.

Processo sulle plusvalenze? C’è quest’udienza nell’ambito della giustizia sportiva per capire quante prove fornite dalla Procura di Torino siano state già esaminate e quante ne sono nuove e se quel processo chiuso la scorsa estate ha gli elementi per essere riaperti. Motto della Juventus desueto da un punto di vista finanziario? Andava bene negli anni ’80-’90. Nel nuovo calcio c’è bisogno di vincere giocando bene, creando brand che abbiano attrattività su tutti i mercati. Allegri punta alla vittoria attraverso la capacità di sfruttare gli errori degli altri, anziché valorizzare il proprio gioco.

Scudetto come rivincita degli allenatori che vengono dalla gavetta? Credo che dimostri una volta e per tutte che le buone idee non guardano all’anagrafe, Spalletti ha sempre fatto giocare bene le sue squadre, anche se non è riuscito sempre a vincere, ma è sempre stato innovatore. Sarebbe un bel premio alla carriera, con scenari ancora aperti per ampliare il palmares.

Normare i criteri per le plusvalenze? Una questione tecnico-contabile molto complessa che può trovare soluzioni. Occorrono normative di ordine internazionale, ma indubbiamente ogni sistema può trovare delle proprie regole per rendere più sana la gestione delle società. Il problema non è solo di fare plusvalenze nell’immediato e alterare la competizione leale, ma creare ammortamenti attraverso degli scambi. C’è un problema di sistema, quel miliardo di ammortamenti si aggiunge ad oltre 3 miliardi di debiti che non permette di investire in centri sportivi, stadi e le leve che possano far crescere squadre e business”.

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