Dopo un personale embargo di tre mesi dall’inizio della epidemia, torno finalmente a parlare di calcio e anzi di calciomercato, ché per riprendere l’azione in campo ci vorranno ancora dieci giorni. Mentre invece nel frattempo i club son stati mica con le mani in mano, sapendo di doversi preparare a una realtà completamente inedita: dal 1 settembre al 5 ottobre, un mercato di solo un mese come non accadeva da quasi trent’anni, nei primi anni Novanta. Ma a differenza di quei tempi in cui si scialacquava, stavolta non si potrà spendere il becco di un quattrino.
Ora: proprio senza soldi magari no, ma per intenderci i grandi club avranno una capacità di spesa intorno ai cinquanta milioni, insomma appiattendosi sui club medi, quindi si può capire come a cascata l’austerity travolgerà quelli dietro di loro.
Dovrà essere un mercato di scambi e di plusvalenze, perché quei pochi che hanno i soldi devono usarli per ripianare le perdite, e perché mai come adesso le plusvalenze diventeranno basilari per la sopravvivenza. Soprattutto per quei grandi club che ne avranno bisogno, mentre invece di solito è uno strumento necessario soprattutto a chi deve sbarcare il lunario di stagione in stagione, non tanto invece tra la nobiltà del calcio europeo (quantomeno all’estero).
La crisi che ha colpito tutti, particolarmente ha colpito la Juventus. Non è dimostrato solo dall’accordo raggiunto a tempo di record per il taglio di quattro mensilità (di cui un paio saranno ritornate). E ovvio, in Italia è quella che perde di più perché era quella che fatturava di più, dunque da quel punto di vista il problema è solo in proporzione. Ma ciò che mette in gioco il destino futuro di ambizione della Juve è la situazione a monte: quella per intenderci che ad agosto 2019 portava Paratici a fare il giro di Europa in 30 giorni per provare a piazzare Higuain e Dybala un giorno qui e un altro là, sia per alleggerire il monte stipendi quanto per scrivere a bilancio una desiderata plusvalenza, e non ultimo tentare l’assalto a Icardi o Lukaku. Finì che l’unica operazione possibile con soldi virtuali fu lo scambio Cancelo per Danilo e soldi, con il portoghese assurto a una valutazione di 65 milioni a cui non credevano nemmeno i suoi parenti.
La situazione si è ripetuta adesso ma con uno scenario di sfondo molto più fosco, perché il pericolo perdite per la Juventus è altissimo.
Paratici sta facendo ciò che gli compete, ma come si è visto l’anno scorso nemmeno gli si può chiedere di fare miracoli: era riuscito nella missione impossibile di convincere il Barcellona a mollargli Arthur, uno dei migliori cinque interni al mondo, a soli 23 anni perno del gioco del Brasile e in assoluta ascesa; e in cambio di Pjanic, 30 anni, per molti in parabola discendente, e con uno stipendio pesantissimo. Uno scambio che avrebbe migliorato la Juve sia tecnicamente che economicamente, nonché l’ennesima follia inspiegabile del Barça, se non fosse che il brasiliano si è messo di traverso puntando i piedi per non lasciare il Camp Nou.
Così ricomincia il giro per Paratici, che prova a piazzare Pjanic al Chelsea o al PSG, nel primo caso in cambio di Jorginho, nel secondo di Paredes, ma insomma il bosniaco è nella stessa situazione di Higuain e Dybala l’estate scorsa: per forza di causa maggiore sarebbe bene andasse via, è l’unico pezzo davvero spendibile della rosa juventina da cui ricavare soldi ma non mutilare la completezza tecnica (se rimpiazzato da un Jorginho) e da lui e dalla sua plusvalenza dipende parecchio del mercato juventino, perché il ritorno degli Ottavi di Champions contro il Lione pendono come una spada di Damocle sui conti bianconeri.
Fonte: Tancredi Palmeri a Tmw
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