La memoria è uno scrigno che conserva persino i dettagli: e sessantacinque partite di campionato e poi le notti della Champions e la coppa Italia e quel triennio, non costituiscono orpelli, ma l’essenza. Un’ora e mezza da attraversare buttandosi su e giù per il campo e poi anche su e giù nei ricordi: e in quella Lazio-Napoli, ch’è in sintesi è «la partita» , Valon Behrami avrà tempo e modo di ripensare esclusivamente a se stesso, com’era e com’è cambiato. Si gioca e si palleggia con ciò che resta del passato, con ciò che emerge del presente, con l’incognita del futuro: stadio Olimpico di Roma, là dentro c’è tutto, le gioie e qualche dolore, la felicità e la malinconia d’un addio, ma poi anche le prospettive in verde, bianco e rosso, e poi cartoline che non ingialliranno mai.
IL SUO DERBY – Si fa in fretta a dire il «derby» , per chi non l’ha vissuto, per chi non l’ha «segnato» , per chi non l’ha cerchiato di biancoceleste, al minuto novantadue, per un 3-2 in fotofinish d’un Lazio-Roma che i 19 marzo del 2008 trasformò Behrami in eroe. Ma si fa bene a chiamare pure questo derby personale d’un uomo che cresciuto con Delio Rossi – da terzino, da ala, da mediano – e che con Mazzarri s’è costruito in appena pochi mesi un’autorevolezza che l’ha trasformato in imprescindibile pedina d’uno scacchiere da favola, un titolarissimo inamovibile per lasciarsi trascinare.
DI CORSA – E poi le chiamano sfide: ma stavolta Lazio-Napoli va un pochino più in là, sposta le definizioni e (ovviamente) anche le interpretazioni personali, perché in quello stadio Behrami trascina la propria maturazione personale, ritrova la brillantezza della sua giovinezza e la confronta con la «saggezza» che gli viene richiesto da un copione nel quale deve recitare da soggetto concreto e pratico, agonismo è vero però pure il senso compiuto d’un equilibrio da concedere ad una squadra lanciata verso l’Olimpo, però non prima d’aver superato indenne l’Olimpico e poi la Samp, e poi l’Udinese e poi il primo marzo, in un cocktail d’emozioni forti.
CON CALMA – E’ una serata specialissima, in cui Behrami si sistema allo specchio e rivede Behrami, per accorgersi che stavolta è un’altra storia: è Lazio-Napoli, una sorta d’opzione per il secondo posto e quindi per la Champions automatica, ma è anche l’occasione per l’investitura ufficiale e probabilmente definitiva nel ruolo d’anti-Juve, incoronazione maneggiata con cautela nei giorni scorsi, mentre persino nel ritiro della Svizzera non si parlava d’altro che di questo match e di questo duello. «Bisogna essere cauti, perché Napoli è una piazza particolare, nella quale ci si esalta e poi si cade nello sconforto. Però è giusto che i nostri tifosi ci pensino. Io invece non voglio neanche immaginare quello che potrebbe succedere se un giorno…Ci sono cose che preferisco tenere per me. Ed io di questa possibilità non ne chiacchiero neanche con Inler, con il quale ho modo di dialogare pure in Nazionale. Certo, sarebbe un evento eccezionale. Ma forse è preferibile isolarci, in maniera tale da restare mentalmente liberi: perché stare con la testa sempre lì potrebbe nuocerci, rischierebbe di farci deconcentrare e potrebbe anche lasciar lievitare la tensione» . Il derby è il suo.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.