Dalla vittoria mondiale del ’76 alla prossima sfida di Napoli, Corrado Barazzutti c’è sempre. Allora, nella finalissima di Santiago, era giocatore (e vincitore del primo singolare), oggi è il capitano della nazionale italiana di Coppa Davis che dal 14 al 16 settembre sfiderà il Cile per assicurarsi la permanenza nel World Group, tra le grandi del tennis internazionale.
«Quando c’è il Cile di mezzo si parla sempre del trionfo nella terra di Pinochet, ma sono passati 36 anni ed è cambiato tutto da quel periodo, il mondo e il tennis. Ricordo volentieri la vittoria sportiva, meno le polemiche politiche. Troppe e continue, arrivammo a Santiago tesi e preoccupati. Meno male che eravamo una grande squadra, altrimenti sarebbero stati guai».
Toccò proprio a Barazzutti dare il via a quel successo.
«Non ho mai avuto paura in campo come in quel match contro Jaime Fillol, il loro numero 1, un ottimo giocatore. Eravamo comunque terrorizzati entrambi. Ricordo che giocammo una prima parte di match bruttissima, poi riuscii a sciogliermi e a meritare il successo. Ma la fatica mentale di quella partita la ricordo ancora come fosse ieri».
La paura era per il clima dittatoriale del regime di Pinochet o per la posta in palio che valeva il titolo mondiale del tennis?
«Pensavamo solo al tennis, ci giocavamo una carriera, il resto non contava. Sapevamo di quello che era accaduto in Cile, di Pinochet. Ma fummo trattati benissimo in quei giorni della finale e non vedemmo nulla di strano. Pensavamo al tennis non alla politica e anche i cileni fecero di tutto per evitare coinvolgimenti politici. Albergo, allenamenti, campi da gioco, questa era la nostra vita a Santiago. E andava bene così. Devo dire, tra l’altro, che il Cile si mostrò a noi come una terra ospitale e bellissima».
Bellissima è anche Napoli oggi, che ha costruito un Arena dedicata al tennis sul Lungomare per ospitare lo spettacolo della coppa Davis.
«Ne sono felice perché Napoli è una delle città più sensibili verso lo sport. È una città bellissima e, fatemelo dire, adesso che il Lungomare è chiuso al traffico sembrerà ancora più bella. Una scelta difficile e coraggiosa, io non amo il traffico e sono di parte, ma credo che tanti napoletani la pensino come me. Il Lungomare per la città renderà Napoli ancora più bella».
Il campo da tennis è già pronto, a un passo dal mare. Come lo vuole Barazzutti?
«La location è unica al mondo, unica nel suo genere, davvero stupenda. Per il campo non sono preoccupato, anzi; i tempi sono giusti e il terreno da gioco sarà perfetto; andrà bene. E poi ci sarà la spinta del pubblico. So che la città sta rispondendo bene alla sfida di Davis e spero davvero nel tutto esaurito, per tutti i tre giorni. Abbiamo bisogno del calore dei napoletani che non si lasceranno pregare perché amano lo sport, il calcio e anche il tennis. Possiamo e dobbiamo vincere contro il Cile; non sottovalutiamo gli avversari, anzi, li rispettiamo tanto, ma l’Italia è una squadra giovane e forte che vuole a tutti i costi giocare nel 2013 in World Group. Ora che siamo tornati in serie A vogliamo restarci a lungo».
Barazzutti e Napoli, un feeling che dura dai tempi di quando era giocatore di livello mondiale.
«È vero, giocai al palazzetto dello sport di Fuorigrotta. Ricordo che era pienissimo: battei l’argentino Vilas, uno dei giocatori più forti del mondo, in semifinale, in un torneo indoor (era il 1980, ndr). I tifosi furono eccezionali, qualcosa di speciale. Sempre a Napoli, proprio sui campi del Tennis Club che organizza la Davis, ho vinto uno dei miei sette titoli italiani assoluti, nel 1977, un altro ricordo bellissimo».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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