Calciatore (e che calciatore!), dirigente, opinionista, soprattutto gran conoscitore di squadre e giocatori d’ogni angolo del mondo. Gli dici un nome e lui, Salvatore Bagni, come un’enciclopedia multimediale del pallone, di quel calciatore ti racconta tutto: pregi, difetti, vita e, se ne ha fatti, anche miracoli. Si dice, ma Bagni mai e poi mai lo confermerà, che non troppo tempo fa, prima di una partita importante di una importante Nazionale, il ct sorpreso dalla presenza tra gli avversari di un giocatore giovane e mai visto prima abbia telefonato proprio a lui per avere in fretta le informazioni necessarie. E ovviamente lui non lo deluse. Insomma, ha fatto e fa di tutto, Bagni. Solo di far l’allenatore, se non dei ragazzini della sua scuola calcio, non ha voluto mai saperne. E forse ha fatto bene viste le abitudini della nostra serie A.
Visto, Bagni: alla decima giornata sono già sei, Donadoni compreso, gli allenatori licenziati. Una follia o cosa?
«Non mi sorprendono tanti licenziamenti. Anche in passato ve ne sono stati. Ma oggi c’è una novità: saltano anche panchine di squadre di mezza classifica. E questo vuol dire che un allenatore non può sentirsi tranquillo neppure se tutto sommato fa buoni risultati. Da che dipende? Probabilmente dalla voglia di certi presidenti di avere tutto e subito. Anche l’impossibile».
Non solo panchine. A volte anche le poltrone dei dirigenti fanno crac.
«Ho capito la domanda dove vuol parare. Ce l’ha con me. Con la mia storia col Bologna? Spiacente, ciò che avevo da dire l’ho già detto. Andiamo avanti?»
Andiamo al campionato. Incerto, equilibrato, ma perché? Questione d’investimenti, forse? Le “ricche”non spendono come prima, anzi vendono se possono, e quindi la distanza con le “non ricche” s’è accorciata?
«Può darsi, ma secondo me la spiegazione è assai più semplice: le favorite, le mie favorite, il Milan e il Napoli, seppure per ragioni diverse hanno perso un po’ di punti e le altre ne hanno approfittato».
E’ vero, il Milan ha patito infortuni e la prima vittoria l’ha fatta alla quarta partita. La sofferenza azzurra, invece, qual è stata?
«Una sofferenza dolce, felice, prestigiosa. Una sofferenza che si chiama Champions. Per questo il Napoli in certi momenti ha rallentato».
Ed è giusto? E’ normale?
«Giustissimo e normalissimo se si dà la priorità alla Champions. Questione di scelta e io la condivido. E poi, guardando i risultati, la scelta mi sembra anche felice, indovinata. Forse non è chiaro a tutti, ma la vera novità del calcio europeo si chiama Napoli. E’ capitato in un girone impossibile, ha giocato alla pari contro il Bayern che vincerà la coppa e contro il City che è la squadra del futuro ed è in corsa per gli ottavi. Si può pretendere di più?»
Già. Ma il Napoli è la novità del momento e basta, oppure sta mettendo solide basi anche per il domani?
«Per carità: il Napoli il suo futuro ha cominciato a costruirlo già nella stagione scorsa. Perché? Perché Mazzarri l’ha subito trasformato nella più europea delle squadre italiane».
Spieghiamo?
«In Europa si fa strada e si fanno risultati solo se si portano contemporaneamente in campo due valori: la qualità dei calciatori e l’intensità del gioco. Ovvero un gioco con poche e rare pause. Da sola, infatti, la qualità non basta. Ebbene, il Napoli ha tutte e due le cose».
Quindi, voto alto per il Napoli europeo. Il Napoli italiano, invece, va un po’ come un accelerato, accumula ritardo.
«Sì, ma un ritardo lieve e soprattutto calcolato. Ormai è chiaro: il Napoli vuole gli ottavi di coppa e sino al 7 dicembre, anche inconsapevolmente e comunque inevitabilmente, molte risorse fisiche e mentali andranno in quella direzione. Poi, se come tutti speriamo, andrà avanti in Champions, dal 7 dicembre sino a metà febbraio avrà tempo per rimettersi in riga con il campionato. Per adesso è importante stare là, tenere d’occhio i primi posti e basta».
Questo vuol dire che se non avesse avuto la “dolce” distrazione Champions il Napoli oggi avrebbe più punti e probabilmente sarebbe al posto della Lazio?
«Sì, senza Champions il Napoli starebbe volando in campionato. Sarebbe, assieme al Milan, il più serio candidato allo scudetto».
Invece, visto che c’è la Champions, addio scudetto?
«Non ho detto questo e non lo penso. Il campionato è ancora lungo e non è dominato da nessuna squadra. Stanno più o meno tutte là. Bastano due successi o due sconfitte di fila e cambia tutto».
Però a Napoli la passione della gente sta diventando anche pressione. Il tifo azzurro ora vuole “qualcosa”, se l’aspetta.
«Lo so. L’immagino. Conosco Napoli e trovo anche legittimo che l’asticella finisca con l’andare sempre un po’ più in su. Ma detto questo, credo che nessuno pretenda che il Napoli quest’anno vinca per forza la Champions oppure lo scudetto. Vogliono che il Napoli sia protagonista, sia competitivo in tutti e due i tornei? Ebbene, questo è sacrosanto. Poi, andando avanti così, verranno anche i successi. Anche lo scudetto, perché no».
A proposito di scudetti. Una volta per tutte, caro Bagni, perché il Napoli perse quello dell’88?
«Lo so, su quello scudetto perduto s’è detto di tutto. Invece la ragione è molto semplice: a cinque partite dalla fine non ce la facevamo più. Avemmo un calo fisico. Era capitato anche l’anno prima, quando lo scudetto lo vincemmo, ma allora non trovammo nessuna squadra pronta ad approfittarne. Nell’88, invece, ci fu il Milan. Loro in quel finale correvano molto più di noi e per giunta al San Paolo c’era lo scontro diretto. Vinsero loro e si decise tutto. Questa è la verità, purtroppo. Purtroppo, perché quello fu il Napoli più bello».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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