Sono d’accordo con De Laurentiis quando afferma che Rafa Beintez è un tecnico internazionale, alla stregua dei nostri Lippi, Capello, Ancelotti, e non un allenatore spagnolo. Lo conosco da quasi venti anni e so come ha costruito la sua carriera nel tempo pianificando nei dettagli il suo metodo di lavoro investendo in strumenti tecnologici sempre più evoluti per perfezionare l’analisi della partita e la comunicazione coi propri giocatori.
Il suo grande capolavoro tattico lo compii nel 2001 quando impose al suo Valencia un modulo di gioco innovativo che oggi trova adepti in tutta Europa. Stiamo parlando del 4-2-3-1 che aveva nel trequartista “anomalo” Aimar l’uomo chiave. Rispetto a Bergkamp, Cantona, Raul e le altre seconde punte dell’epoca, il brasiliano era un vero e proprio centrocampista aggiunto che fungendo da vertice alto del triangolo di centrocampo permetteva la superiorità numerica nella zona calda del campo. Quel Valencia aveva quindi buon possesso palla, grande compattezza e grande attitudine al pressing, caratteristiche che Benitez nel suo viaggio professionale ha sempre portato con sé come riconoscibile bagaglio tecnico.
Se vogliamo ancor più difensivo fu il suo Liverpool, squadra con cui raggiunse la consacrazione europea aggiudicandosi la Champions League nella rocambolesca finale col Milan. Più di 4-4-1-1 si può parlare riferendosi ai Red. Otto giocatori posizionati nella propria metà campo e pronti a ripartire negli spazi e due punte che dovevano sfruttare contropiede e lanci lunghi.
Negli anni di Liverpool Benitez costruì non solo una squadra vincente in campo ma anche una rete strutturata di osservatori e un articolato database per monitorare i giocatori nei 5 continenti per lo scouting internazionale. Un antesignano anche in questo campo.
Meno brillanti sono state le ultime sue esperienze a Milano e Londra dove ha avuto poco tempo per pianificare il proprio lavoro. Benitez ha bisogno di potere assoluto nella gestione e tempo per poter garantire risultati adeguati alle aspettative. Per motivi diversi sia all’Inter che al Chelsea non ha trovato questi pre-requisiti. Ma dal punto di vista tattico non ha mai tradito il suo credo, anche nei momenti difficili. Con l’Inter il 4-2-3-1 prevedeva Pandev largo a sinistra, ruolo svolto a lungo dal macedone anche con Mazzarri. La difficoltà più grossa fu sulla collocazione in campo di Snejder, mai a suo agio nel gioco manovrato che chiedeva Benitez.
Molto più tecnico il reparto offensivo del Chelsea che poteva vantare quest’anno tre centrocampisti tecnici e interscambiabili come Mata, Oscar e Hazard.
Questa la storia tattica di Benitez. Nella sua prima conferenza stampa napoletana Rafa ha dichiarato che potrà cambiare assetto tattico conscio di trovare difensori abituati a giocare a 3. Ma non penso che questo possa accadere realmente. Benitez non ha mai abbandonato la difesa a 4. Considera il blocco a 6 (4 difensori + 2 centrocampisti) essenziale per tutelarsi nella fase di non possesso. I terzini dovrebbero essere forti nel gioco aereo e bravi nell’1 contro 1 alla stessa stregua dei centrali. Dove li andrà a prendere Bigon?
Davanti alla difesa dovrebbero giocare Behrami e uno a scelta tra Inler e Dzemaili col primo forse più adatto agli schemi di Benitez. Pandev e Insigne sono gli uomini giusti al posto giusto per fare gli esterni alti. Lasciando irrisolta l’incognita prima punta ma dando per scontata l’adattabilità eventuale di Cavani se alla fine restasse a Napoli, rimane da decifrare la posizione di Hamsik nel ruolo chiave dello scacchiere. Riuscirà lo slovacco ad interpretare il ruolo di centrocampista offensivo come seppe fare Aimar al Valencia o incontrerà le stesse difficoltà di Snejider? Alla fine il dopo Mazzarri potrebbe creare a Benitez difficoltà simili a quelle che trovò all’Inter nel dopo Mourinho.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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