C’è il sacrificio di una squadra dietro i gol di Cavani. Questo è quello che mi sento di affermare con una certa enfasi alla fine di una stagione in cui il bomber uruguagio si è confermato capocannoniere della serie A e autore del 39% dei gol della propria squadra. Una bella incidenza ma comunque inferiore a quella di Balotelli da quando è arrivato al Milan. Cavani, sotto il Vesuvio dall’estate del 2010, vale oggi, secondo le stime di Transfermarkt, 55 milioni, una cifra abbastanza vicina alla clausola rescissoria.
Una valutazione cresciuta negli anni napoletani in maniera proporzionata alla crescita del suo rendimento nel tempo. Una pianificazione che ha un nome e un cognome: Walter Mazzarri. Non è un caso che gli altri attaccanti del Napoli abbiano segnato meno dei centrocampisti. Pandev e Insigne (Calaiò considerato troppo uomo d’area come Cavani e per questo inefficace se impiegato insieme a lui) sono stati impiegati da Mazzarri con il solo obiettivo di mettere il Matador in condizione di esaltare le proprie caratteristiche di corsa e timing. Insigne è quasi sempre partito da sinistra col compito di accentrarsi, alzare la testa e cercare il taglio di Cavani.
Stesso discorso si può fare per Pandev. Sia nella prima parte della stagione, quando partiva da sinistra, sia nell’ultimo terzo di campionato, quando ha praticamente giocato da trequartista, ha sempre avuto il compito prioritario di lanciare Cavani nello spazio.
È stato Cavani l’unico terminale offensivo anche sui cross dei terzini, di Maggio in particolare (in una stagione in chiaroscuro ne ha comunque fatto oltre cento, il doppio di Zuniga).
Mazzarri, che ama lavorare sui tempi di aggressione alla porta avversaria, ha organizzato le trame offensive in modo da lasciare al Matador il primo tempo di attacco. Solo in seconda battuta potevano inserirsi i centrocampisti. Sincronismi di gioco che hanno assimilato benissimo Hamsik e Dzemaili che, infatti, hanno avuto una media realizzativa simile ed altissima, circa un gol a testa ogni 170 minuti.
Non penso che gli allenatori del City, del Real o della Juventus modellerebbero il loro gioco e gli atteggiamenti dei tanti campioni che ne compongono le rose, con il fine unico di esaltare le caratteristiche di un giocatore, per quanto straordinario. In quei club ognuno gioca per sè, prima che per gli altri; nel Napoli no. Per questo dico che Cavani non è il vero segreto del Napoli.
Il segreto è nella formula magica brevettata da Mazzarri. Il tecnico ha dimostratato di poter fare a meno di Lavezzi. Certo occorrerà reinvestire il gruzzolo (vendite Lavezzi + Cavani + Champions quanti milioni sono?) per costruire una rosa in grado di reggere l’urto della doppia competizione.
Stando alle gerarchie di fine stagione, potremmo, con scarso margine di errore, affermare che Inler è di troppo (anche se venderlo creerebbe sicuramente una minusvalenza), mentre il centrocampo a tre con Behrami vertice basso e Hamsik e Dzemaili interni sarebbe da confermare in blocco. Servirebbero comunque delle varianti. Ad esempio, un metodista più tecnico davanti alla difesa (Allan dell’Udinese o Valdes del Parma sarebbero delle soluzioni credibili) e un interno di corsa e visione di gioco (Nainggolan? Poli?).
Alla luce delle difficoltà riscontrate quando ha provato la difesa a 4, Mazzarri aveva pensato anche di rifondare il reparto difensivo, che sarà tra l’altro orfano di Campagnaro, il suo componente più talentuoso. Nessuno dei difensori azzurri è oggi in grado di reggere l’1 contro 1, pre-requisito fondamentale per competere a livello internazionale. Un nome? Miranda, elegante centre-back dell’Atletico Madrid e vero pallino di Diego Simeone, autore del gol-partita nella Coppa del Re conquistata nei giorni scorsi contro i cugini del Real.
Poi c’è l’attacco, un attacco da rifondare. Se Cavani è incontenibile soprattutto quando gli si aprono gli spazi verso la porta avversaria, la prima punta del futuro dovrà avere una maggiore duttilità e offrire più soluzioni ai compagni.
Non sarà possibile trovare un altro bomber che da solo assicuri un bottino di 30 gol a stagione. Meglio cercarne uno da 15 centri ma che che sia più altruista con Insigne e Pandev che dovranno invece arrivare entrambi in doppia cifra. Per cui servirà una punta in grado di giocare anche spalle alla porta, bravo nelle spizzate aeree e pronto anche a rifinire l’azione.
Dovessi chiudere gli occhi e immaginarmi un attaccante con queste caratteristiche vedrei Mario Gomez, centravanti della nazionale tedesca, probabilmente in uscita del Bayern Monaco, perchè non corrisponde ai canoni stilistici di Pep Guardiola. Inoltre è stato spesso scalzato quest’anno da Mandzukic.
Questo si può pensare per un Napoli senza Cavani ma con Mazzarri. Senza entrambi si aprirebbero scenari imprevedili dove tutte le gerarchie ed i responsi di questa stagione potrebbe essere messi in discussione. L’addio di Mazzarri può lasciare un vuoto pneumatico difficilmente colmabile da qualsiasi altro tecnico in tempi brevi. Nella rosa del Napoli ci sono almeno dieci giocatori (senza fare nomi perché sarebbe antipatico) che possono giocare a certi livelli solo perchè miracolati dal tecnico livornese.
Senza di lui è probabile che tornerebbero alla normalità che non è per loro quella di giocare in una squadra che deve vincere lo scudetto e arrivare almeno ai quarti di finale in Europa. Vengono i brividi solo a pensarci.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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