L’inizio è shock. Lazio e Napoli sono squadre l’orlo di una crisi di nervi, la tensione si vede nell’incidenza degli errori gratuiti. Difficile contare più di 3 passaggi consecutivi. Molti i lanci lunghi a scavalcare un centrocampo paludato, e non solo per le condizioni del campo.
I due tecnici decidono di giocarsi le loro chance di sopravvivenza a viso aperto, puntando l’offesa piuttosto che sulla difesa. Ne viene fuori una partita con molto pressing ultraoffensivo e poche coperture preventive. Una scelta che aumenta il caos e rende, da una certo punto di vista, la gara anche divertente. La Lazio punta sull’aggiramento. La strategia funziona soprattutto sui cambi di gioco verso Candreva bravo a dare ampiezza sul lato debole del Napoli. Debole in senso tattico e in senso tecnico (per il gap imbarazzante tra l’esterno e Armero). La sudditanza psicologica tra i due è una delle chiavi del match.
Il terzino sinistro, dopo la difficoltà patite a Dortmund, viene riproposto da Benitez al cospetto di uno degli esterni più bravi nel dribbling. Il difensore colombiano quasi sempre adotta la soluzione sbagliata. Callejon, che parte a sinistra, forse per contrarre Konko con più energia di Insigne, non si vede quasi mai nei ripiegamenti. Registro una sua sola diagonale efficace al 14′ con tanto di ripartenza immediata. Benitez preso atto che la mossa di invertire gli esterni è velleitaria, rimette presto Insigne sulla sua fascia, prendendo atto delle deficienze difensive e puntando esclusivamente sulla possibilità di fare un gol in più dell’avversario.
Mentre Petkovic punta sull’aggiramento per arrivare al gol, Benitez preferisce la penetrazione. Una mossa felice e vincente. Behrami e Inler hanno l’ordine tassativo di pressare a turno il portatore di palla avversario e di pescare immediatamente in verticale Pandev o Higuain alle spalle di Biglia (non era facile trovare un centrocampista più lento di Ledesma, ma la Lazio c’è riuscita!). Già nei primissimi minuti i recuperi di Behrami nel mezzo al campo si erano trasformati in preziose ripartenze con Higuain, però sempre oltre la linea dell’offside.
Così arrivano i primi gol. Al 24′ anticipo secco di Inler su Perea e passaggio filtrante sul taglio di Higuain alle spalle di Biglia. La Lazio si spacca in due. Cana affronta frontalmente il Pepita che lo salta con facilità irrisoria. Può correre così verso la porta avversaria e anticipare con un tocco chirurgico sia il ritorno di Ciani, sia l’uscita tardiva di Marchetti. Reina non avrebbe mai permesso all’attaccante avversario di arrivare prima di lui su quella palla. Il portiere spagnolo salverà l Napoli dai cross di Candreva proprio per la sua capacità di leggerne prima le intenzioni e di andare sulla traiettoria della palla prima degli altri. Deve capitolare solo quando i suoi, sull’ennesimo cross da destra, arretrano troppo impedendogli l’uscita. Nell’intrigo di gambe, il tocco di Behrami diventa illeggibile anche per le antenne sempre ritte di Reina.
Nella ripresa Hernanes è il protagonista decisivo del match nei primi 5′. Prima parte in serpentina mettendo a sedere Behrami, che nella ventata perde anche i pantaloncini, e tira di potenza di sinistro sfiorando di poco il bersaglio grosso. Ma due minuti dopo commette un errore fatale. Sulla punizione da sinistra si perde Callejon sul secondo palo. L’ex madridista può fare così indisturbato la sponda di testa per Pandev, bravissimo a girarsi (mentre Biglia gentilmente si sposta) e battere da distanza ravvicinata Marchetti, ancora una volta troppo incollato alla linea di porta.
Il gol non chiude la partita perché il Napoli continua a ballare con tutta la linea difensiva. Armero continua a fare numeri turchi mettendo in ambasce tutto il reparto. Ad esempio al 68′ Candreva si ritrova ancora tutto solo dentro l’area di rigore, per fortuna il suo tiro-cross termina a lato. I brividi scorrono frequenti lungo la schiena dei tifosi partenopei. Certo il vantaggio consente agli ospiti di avere ancora più spazio per il contropiede. Una situazione che non può non esaltare Callejon, Higuain e Pandev che confezionano i gol necessari vincere nonostante la prodezza nel finale del giovane Keita.
Fonte: Il Mattino
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