INTENSITÀ E PRESTAZIONE – Una rete per tempo, tante parate di Buffon, zero pericoli corsi da Reina, un predominio territoriale che al 40′ parlava con dieci azioni d’attacco del Napoli contro tre della Juventus, sei tiri contro uno. Numeri che esprimono un semplice fatto: il Napoli ha giocato meglio e ha meritato di vincere. Azzurri entusiasmanti, quasi perfetti; dall’altro lato una Juve scarica, o forse annichilita dalla forza del Napoli, che nelle partite più prestigiose quest’anno ha sfornato prestazioni di altissimo livello. Quest’ultimo, un aspetto che testimonia un merito e un demerito: il merito è nel potenziale, nei picchi raggiungibili da questa squadra, davvero molto alti; il demerito è nel non essere riusciti a mettere in campo un grado costante di quantità e qualità durante l’intera stagione. Perché ieri si è trattato soprattutto di questo: di intensità, performance, interpretazione dei singoli. A livello tattico, tranne qualche dettaglio, Benitez non ha escogitato nessuna trovata speciale, ha semplicemente sfruttato gli equilibri sperimentati e consolidati negli ultimi tempi.
LA VITTORIA DEI GIOCATORI – Nelle interviste post-partita, lo stesso allenatore spagnolo ha sottolineato, senza retorica, che a vincere sono stati i giocatori. Un po’ anche per punzecchiarli, quasi a voler dire: altre volte, sono stati loro a perdere. E non ha tutti i torti Benitez, che a se stesso potrebbe solo imputare di non essere stato capace, prima di ieri, di motivare i suoi calciatori a dare il massimo anche contro il Parma o contro l’Atalanta o contro il Sassuolo, come contro la Juventus, il Dortmund o l’Arsenal. Fatto sta che ieri sera al San Paolo i tredici azzurri scesi in campo (Dzemaili ha giocato troppo poco) sono stati perfetti, tanto che il meno appariscente è stato il più temuto dai bianconeri, Gonzalo Higuaìn.
LA DIFESA – Partendo dalla difesa, l’elogio maggiore è per Henrique, proprio quella “invenzione” di Benitez che, provata nelle scorse settimane, oggi dà dei frutti certi. Il brasiliano, che sa giocare ovunque, come terzino destro è una sicurezza: roccioso e quasi insuperabile quando difende, sa accentrarsi e dare manforte al centrocampo, e sa anche spingere in attacco. Una manna dal cielo. Dall’altro lato, Ghoulam è il solito campione di disciplina e ordine tattico, e senza mai strafare raramente fa un errore – coraggioso nel secondo tempo a buttarsi in scivolata su Isla in area di rigore, dopo il rosso rimediato contro la Fiorentina; bravo a impegnare su punizione (finalmente) Gigi Buffon. Il duo Fernandez-Albiol è stato esemplare: sempre puntuali, concentrati, in anticipo sugli avversari, conquistando anche un traguardo su cui pochi avrebbero scommesso a proposito della difesa azzurra, ovvero spezzare il filotto interminabile di partite (43) con almeno un gol per la Juventus.
CENTROCAMPO E ATTACCO – Al centro del campo, accanto a un Jorginho rimasto nell’ombra perché dedito all’utile lavoro “sporco”, si è visto un Inler in versione XXL: tantissima corsa, meno trotto e più galoppo, e un compito tattico fondamentale, quello di pressare sistematicamente il portatore di palla avversario (uscendo anche molto alto). Davanti, Higuaìn si è impegnato molto, ma ha ricevuto poche palle giocabili e il suo contributo è stato soprattutto quello di aprire spazi trascinando con sé i difensori bianconeri. Insigne, molto ispirato in dribbling, è stato utile ad allargare le maglie juventine saltando l’uomo, e ha regalato l’assist al bacio per Callejòn. Quest’ultimo ha offerto la solita prestazione a tutto campo: due conclusioni parate da un ottimo Buffon, un gol, la solita infaticabile corsa sulla fascia e l’immancabile contributo difensivo. E dopo tanto penare, finalmente anche Marek Hamšík si è espresso su livelli alti, spaziando sulla trequarti con più dinamismo e più convinzione rispetto alle ultime uscite, esibendosi in belle giocate e anche qualche serpentina.
GIOCO DI SQUADRA – Reso il giusto merito ai singoli, va da sé che la conseguenza sia stata una prestazione corale di massima efficacia. Fin dal 1′, la formazione di Benitez si è mossa con estrema compattezza, spostando tutti gli effettivi come un’onda omogenea, con cooperazione in ogni parte del campo. Chiusa e coperta in non possesso, con un pressing studiato e accorto (Higuaìn e Callejòn sui difensori, Inler sui portatori di palla) e la massima attenzione a centrocampo (Henrique si aggiungeva ai due centrali per non lasciarli in inferiorità numerica), la squadra restava corta e coesa anche quando si trattava di offendere, ovvero per quasi tutto il primo tempo, giocato per lo più nella metà campo juventina. Dopo 9′ erano già tre le palle gol nitide (contando la rete in fuorigioco di Hamšík) e non è un caso che al 90′ Buffon sarebbe poi risultato fra i migliori in campo.
JUVE OPACA – La Juventus, dal canto suo, è stata molto prudente, anzi piuttosto difensivista, schiacciata dalla tattica aggressiva del Napoli e penalizzata dall’assenza di Tevez. Nella ripresa ha provato a uscire e farsi più aggressiva, ha riequilibrato la presenza territoriale (non più concentrata in una sola metà campo) ma ha ancora sofferto la mancanza di riferimenti offensivi, sbagliando molto in costruzione, anche per il pressing azzurro, e concedendosi persino qualche distrazione e lisci in difesa. Il Napoli, in vantaggio e con una rivale più determinata rispetto al primo tempo, ha puntato per un po’ sulle ripartenze (tattica ripagata in occasione del 2-0), gestendo comunque al meglio le fasi di possesso senza rinunciare ad impostare, con la massima precisione nei passaggi, spesso di prima, e trame veloci. Conte ha provato qualche cambio tecnico-tattico, dal 60′ al 70′ ha visto i suoi prevalere per un po’ su un Napoli stanco, ma la difesa azzurra ha tenuto egregiamente, coadiuvata anche dai giocatori più offensivi.
LA MANO DI BENITEZ – Superata la metà del secondo tempo, anche Benitez si è accorto, con un po’ di ritardo, della necessità di fare qualche cambio. Ma ha sorpreso tutti quando ha deciso che il primo ad essere sostituito dovesse essere Higuaìn, uscito anzitempo già con il Porto e la Fiorentina (mentre con il Catania ha giocato solo gli ultimi minuti). Un cambio strano non tanto per il blasone di Higuaìn (giusto non dare privilegi in base al nome) quanto per la scelta tattica: in un momento in cui la Juventus stava, dopo aver subìto a lungo, schiacciando il Napoli nella sua metà campo, poteva non sembrare la mossa migliore quella di togliere profondità e corsa alla squadra, inserendo un Pandev meno mobile e meno bravo nel gioco aereo sui lanci lunghi. Poco dopo è stato il turno anche di Mertens, subentrato a Hamšík, e proprio i due nuovi entrati hanno dato ragione a Benitez, confezionando la rete del 2-0 e della gioia del San Paolo. Va sottolineato come l’azione, fatta di soli tre tocchi, sia partita da un rilancio di Reina con le mani: una strategia non nuova al portiere ex-Liverpool e molto gradita anche a Benitez.
Il tecnico spagnolo ha vinto la gara colpendo la Juve sui suoi punti forti: ne ha spezzato la manovra a centrocampo con il pressing, dove ha anche ridotto l’inferiorità numerica costitutiva, chiedendo a Henrique, Callejòn e Insigne un lavoro doppio per fare densità; ha costretto Lichtsteiner e Asamoah a difendersi più che offendere, e soprattutto il secondo non ha nella difesa la proprie abilità migliore (si è visto sul primo gol). Così è arrivata una vittoria che esalta il tifo azzurro, e incoraggia il Napoli a concludere nel migliore dei modi questo finale di stagione: il calendario meno fitto e la consapevolezza acquisita di poter giocare su questi livelli, potrebbero concedere qualche chance di avvicinarsi all’ancora lontano secondo posto.
Lorenzo Licciardi
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