La torta del possesso palla spaccata in due parti identiche così come i tiri tentati (13-12), quelli nello specchio (6-7) e i corner (7-8). Per capire le differenze intime tra Napoli e Lazio si deve andare oltre la superficie, cercando quei parametri che realmente hanno segnato il solco tra le due squadre. E allora dobbiamo rinunciare ai dati quantitativi e dirottarci sulla qualità delle singole giocate.
Gli uomini di Mazzarri sono stati più precisi in tutte le tipologie di passaggi: corti + 4%, medi + 6%, lunghi + 4%. Un’accuratezza maggiore nei gesti tecnici che ha garantito sui 90′ una discreta velocità di gioco, una buona circolazione palla, un’evidente capacità di servire gli attaccanti negli spazi prima che gli avversari avessero il tempo di riposizionarsi, cosa che non era mai successa a Catania.
Certo l’atteggiamento propositivo, quasi arrogante dato da Petkovic alla sua squadra ha facilitato la partita del Napoli. Venire al San Paolo e piazzare il proprio baricentro medio a 55 metri dalla propria porta (6 metri più alto di quello dei padroni di casa) significa consegnarsi mani e piedi alla devastante progressione di Cavani negli spazi. Tutti i gol nascono, infatti, dalla mancanza di compatezza della Lazio.
Il primo. Troppo lo spazio libero nel castello difensivo laziale, basta un semplice passaggio dentro di Gamberini per pescare Cavani e Hamsik soli soletti (foto 1). L’arrivo di Zuniga crea il «3 vs 2» che obbliga Konko e Ciani ad abbassarsi e permette a Cavani di accentrarsi e liberarsi al tiro senza opposizione. Anche la deviazione decisiva del terzino non è casuale, ma conseguenza dell’estremo tentativo di a chiudere l’angolo di tiro dell’uruguagio.
Il secondo. Klose pressa alto, prima De Sanctis, poi Cannavaro, la Lazio segue il suo bomber e si alza con tutti i centrocampisti, ma non con la difesa. Il capitano ha due opzioni, filtrante per Hamsik, ancora libero tra le linee, o lungo a scavalcare la linea difensiva degli ospiti per Cavani. Opta per la seconda soluzione (foto 2). Cavani non crede ai suoi occhi. Ha tutto il tempo di far scorrere la palla davanti a sé e uccellare Marchetti sul secondo palo.
Il terzo. La Lazio dormicchia frastornata mentre aspetta la ripresa del gioco. Non aspetta invece Campagnaro che vede il movimento di Cavani e accelera la battuta lunga del calcio piazzato (foto 3). La Lazio si fa beccare ancora una volta troppo alta. Le immagini non chiariscono se Konko tenga o meno in gioco Cavani ma la sbadatezza tattica è comunque evidente, e fatale. Il Matador galoppa nella prateria, salta facilmente Marchetti e appoggia in rete di sinistro. C’est très facile!
Non si spiega questa mutazione tattica della Lazio. Dovrà lavorare sodo il mister slavo per ridare la giusta identità alla sua squadra. Non ha di questi problemi Mazzarri che da tempo ha impresso un’impronta ben precisa al gioco del Napoli stabilendo, oltre a precise linee guida dal punto di vista tattico, anche nette gerarchie tecniche. Una coerenza che gli consente di tenere il timone ben fermo anche dopo una mezza battuta d’arresto, come è da intendersi il pari di Catania. Altri avrebbero cambiato rotta, inserendo molti giocatori nuovi, forse cambiando assetto. Mazzarri no. Ha confermato quasi tutto (uniche novità Gamberini e Behrami ) e soprattutto ha salvaguardato il tridente d’attacco che aveva molto deluso nella trasferta etnea.
Molti si sarebbero aspettati l’ingresso di Insigne, altri quello di Vargas, dopo l’exploit di Coppa. Invece aver tenuto Pandev, Hamsik e Cavani è stata una scelta felice. I tre tenori dimostrano sempre più la loro complementarietà. Il primo fluttua tra le linee, ha grande tecnica, visione di gioco e senso tattico. Salta l’uomo e si muove bene in diagnale incrociando, con e senza palla, le traiettorie di Cavani. Hamsik è uomo-squadra a tutto tondo, leader in campo per cattiveria agonistica, personalità nelle scelte tecniche, eclettismo tattico. Ha corsa, timing, potenza, senso del gol. Cavani sfrutta gli spazi che i compagni di reparto gli creano. È generoso, caparbio, opportunista. Ama aggredire lo spazio in verticale ma ha imparato anche a giocare spalle alla porta (vedi primo gol). Un potenziale offensivo, quello del Napoli, che qualche volta si inceppa, se gli avversari alzano grandi barricate, ma che in generale è superiore di parecchie lunghezze a quello della Juventus, benchmark di riferimento nella corsa scudetto. Un motivo concreto per poter puntare in alto con ragionevole ottimismo.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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