Gli elementi per recriminare ci sono, eccome. Pensare che le combinazioni favorevoli all’Avellino non mancano, a conti fatti. Spezia e Lanciano che non vincono, mentre il Siena perde. Incastri perfetti, peccato che la sterzata degli irpini proprio non ci sia. E allora evapora un sogno, che per la verità potrebbe essere tale se solo l’approccio fosse diverso. Sarà forse per questo che lo spicchio di tifosi dell’Avellino, in curva a Padova, non è affatto conciliante con la delegazione di giocatori che si avvicinano al fischio finale. C’è tutto meno che il ringraziamento per una stagione, quella del ritorno in serie B dopo cinque anni, comunque sopra le righe.
TROPPE ASSENZE. Una vittoria all’Euganeo ed ecco che l’arrivo a pari punti con lo Spezia promuoverebbe l’Avellino grazie agli scontri diretti. Già, ma la scena muta del primo tempo è fatale. Con l’undicesimo gol di Castaldo che non arriva nemmeno troppo tardi per sperare ancora. Poca roba, contro un Padova già retrocesso. Allora succede che la presenza dei giocatori davanti al settore ospiti – Biancolino, più di altri, cerca un chiarimento coi tifosi – è quanto mai sgradita: volano insulti e qualche sputo, dal centinaio di avellinesi. Brutto epilogo, in ogni caso. Massimo Rastelli si porta dietro un enorme carico di delusione. «Ci è mancata la forza per vincere – spiega – ma dopo 42 partite estenuanti non era nemmeno facile mettere su una squadra col carattere necessario. I tifosi non l’hanno presa bene, e io sono ancora più amareggiato di loro. Tutti gli altri risultati ci erano favorevoli, peccato. Ma rimane il grande campionato che è stato fatto dall’Avellino» . Numeri impietosi, tuttavia, lontano dal Partenio: con questa sono quattro sconfitte nelle ultime cinque trasferte. L’ultimo urlo fuori casa (benché considerevole, a Empoli) obbliga a tornare indietro fino al 7 marzo. Progressiva involuzione, ma Rastelli ha qualche attenuante con sé dopo l’1-2 di Padova. «Con sei titolari fuori abbiamo provato a fare il miracolo, difficile pretendere molto. Arini e D’Angelo erano febbricitanti, ci mancavano anche Galabinov, Fabbro e Peccarisi: bisognava stravolgere l’organico. Abbiamo perso tanti uomini proprio alla fine, questo è il problema. Poi il Padova ha fatto una partita d’orgoglio, noi non ci siamo mai stati e abbiamo regalato due gol. C’è da mangiarsi le mani, avremmo dovuto fare di più».
Fonte: Corriere dello Sport
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