Si potrebbe fare il verso ad un best seller di Charles Bukovski, l’autore di cui da sempre si nutre Maurizio Sarri. “Storie di straordinaria normalità”, come quelle che è tornato a vivere il Napoli dopo il disastroso e altezzoso biennio a guida Benitez. Sembrava che tutti avessero perso la testa nel seguire le teorie illuministiche di un allenatore che voleva costringere Napoli a vivere al di sopra delle sue possibilità, con la spocchia insostenibile anche al cospetto dei tanti insuccessi, diventata poi ragione di scherno verso quel Napoli guidato da chi non vedeva l’ora di andarsene. La fuga di Benitez a distanza di poche ore dalla sconfitta che aveva sancito la dolorosa e dannosa esclusione del Napoli dalla prossima Champions League, aveva schiarito le idee a quanti idealmente si erano legati alla figura di questo allenatore, un hidalgo che voleva assurgere al ruolo di portabandiera di un popolo che solo Diego Maradona aveva sempre saputo difendere, da calciatore e pure dopo. Non era così, quella di Benitez non era affiliazione ad un popolo, bensì strategia per accattivarsi la tifoseria e mettere alla gogna chi ne evidenziava le lacune, ancor più delle poche qualità espresse dal suo Napoli moscio e saccente. Voglia di normalità, di “straordinaria normalità” è ciò che reclama si reclama adesso per tornare a procedere uniti, senza la profonda spaccatura creata dalla precedente gestione. Il collante si chiama Sarri, un uomo mite, studioso di calcio e stratega al punto da aver umiliato il Napoli per due volte nell’ultimo campionato. Umiliato Benitez e stregato De Laurentiis che ha visto in lui la guida per tornare ad una normalità gestionale, senza gente da pregare per indossare la maglia del Napoli ed ai quali corrispondere stipendi d’oro senza che nemmeno ti si dica “grazie” e che poi vada pure a raccontare in giro il gran numero di lacune strutturali presenti all’interno del Napoli. “A Castelvolturno c’è tutto quanto occorre per lavorare bene”: finalmente un allenatore che apprezza ciò che gli viene messo a disposizione. Sarri non utilizzerà mai come alibi il mancato arrivo di Mascherano per non aver battuto il Dnipro in semifinale di Europa League e per essere stato superato in semifinale di Coppa Italia, e poi nella finalissima al San Paolo per l’accesso ai preliminari di Champions, dalla Lazio che valeva 10 volte di meno in quanto a patrimonio tecnico. Sarri non chiederà Mascherano ma lo formerà a Castelvolturno, con il suo lavoro 24 ore su 24, senza settimane di vacanza da concedere alla squadra per raggiungere la famiglia chissà dove, e andando a pescare il prodotto buono anche nel settore giovanile. Da dove, nella stagione appena conclusa, non è stato permesso ad alcun giovane di belle speranze di farsi strada in prima squadra. Il “basso profilo” del curriculum di Sarri potrà diventare la leva sulla quale rilanciare il Napoli, questo Napoli ancora composto da diversi calciatori che farebbero grandi i club di mezza Europa. Una squadra che può tornare ad essere protagonista in campionato, il prossimo, che vedrà nuovamente la Juve in pole position, pur se dovesse perdere Pirlo e Tevez in un solo colpo. Il Napoli può tornare ad essere una realtà intrigante, al pari del Milan, tanto da tener testa alla Vecchia Signora, per la presenza in panchina di due allenatori che fanno del sacrificio il loro credo vincente. Sinisa Mihajlovic può risistemare un Milan che ha bisogno di organizzazione, prima ancora che di rinforzi. Quelli, poi, potrebbero prendere le forme di Jackson Martinez, Kondgobia e addirittura Ibrahimovic: in tal caso sarebbe doveroso ricollocare la formazione rossonera nelle posizioni immediatamente a ridosso della prima fila. Sarri e Mihajlovic, il Napoli ed il Milan che De Laurentiis e Berlusconi hanno deciso di restituire al sano realismo di un calcio che necessita di trascinatori più che imbonitori.
Fonte: Raffaele Auriemma per tmw.com
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