Il bilancio del Napoli ha il suono sinistro di un avvertimento di Standard & Poors. Senza l’approdo in Champions sarà necessario abbassare il rating, ridurre investimenti ed aspirazioni sportive. De Laurentiis ne è consapevole, sa quanto sia stato dannoso il doppio match con l’Athletic Bilbao per il mancato bonifico garantito dalla Uefa. L’esperienza è stata fortemente negativa, da non ripetere e adesso il patron si sta adoperando fattivamente, come ha spesso fatto sul mercato, per chiudere in anticipo quei calciatori che potrebbero costare molto di più con il trascorrere dei giorni. Di top player è inutile parlarne, anche perché a gennaio non li vende nessuno, bisogna individuare i profili che completino la rosa, sperando che diventino gli uomini del salto di qualità. “Gabbiadini? Non sento”, l’onestà di Rafa Benitez gli impedisce di raccontare pubblicamente bugie sulle operazioni che la società ha già completato, in attesa della data che permetterà l’annuncio: l’1 gennaio. Arriverà il laterale offensivo in comproprietà tra Juventus e Sampdoria, e sarà preso anche (almeno) un altro innesto per sistemare le corsie esterne della retroguardia ormai prossime al depauperamento per infortuni e mancati rinnovi. Mosse rese obbligatorie da un campionato nel quale il Napoli non è riuscito a scavare il solco con le inseguitrici ed ora si ritrova di fronte alla necessità di migliorare la quantità dell’organico per scrollarsi di dosso le genovesi, le milanesi, la Lazio e la Fiorentina ed acchiappare almeno il terzo posto che, stavolta, squadra e tecnico dovranno assolutamente tramutare in accesso alla Champions attraverso il terzo posto. Raggiungere il terzo posto non è impossibile, è il minimo da pretendere quest’anno, e sarebbe stato sufficiente prendere i 7 punti sperperati al San Paolo con Chievo, Palermo e Cagliari per scrivere una storia diversa, quella di una squadra in grado di attaccare anche il secondo posto della Roma. Così non è stato, per qualche errore dei singoli o degli arbitri, per un pizzico di sfortuna e pure per qualche esperimento tattico che non ha funzionato e non funziona. Britos esterno sinistro nella difesa, Inler e Jorgihno non sempre efficienti nel centrocampo a due, Hamsik esterno sinistro offensivo, lì dove anche De Guzman e Ghoulam hanno provato ad accontentare l’allenatore senza risultati meritevoli di una prosecuzione dell’esperimento. Ma l’allenatore spagnolo è fatto così, devono essere i calciatori ad adattarsi alle sue idee di gioco e non lui alle caratteristiche degli stessi. Peccato, davvero, perché don Rafè è sicuramente l’allenatore più titolato che il Napoli abbia mai avuto nella sua storia. Peccato, perché se avesse avuto lui un po’ di quella “cazzimma” che ogni tanto reclama per i suoi calciatori, certamente avrebbe messo a profitto più punti e meno perplessità in quei tifosi che stanno riflettendo sulla sua straordinaria ostinazione. Ogni tanto si può pure vincere 1-0 contro le avversarie di livello inferiore, magari giocando pure male. Allora, che sia accontentato l’allenatore prendendogli calciatori che siano duttili. Questo è un aspetto intelligente per una società dalle possibilità non sconfinate qual è il Napoli, però senza esagerare nella volontà a fargli interpretare davvero tutti i ruoli all’interno di una squadra. Provare si può, è necessario, soprattutto se vengono meno elementi cardine come Insigne e Mertens. Però la sperimentazione non può essere protratta all’infinito, senza ottenere i risultati sperati. L’esempio chiave è Hamsik, talento in declino da due stagioni a questa parte. Lo slovacco è il capitano di questa squadra, quindi in potenza un elemento da trattare con i guanti, trattandosi di un graduato. Invece, Marekiaro è stato il capitano più sostituito d’Europa: 14 volte nelle 17 partite da lui disputate. La domanda è: se Hamsik non riesce ad adattarsi al ruolo di seconda punta o addirittura di esterno mancino, non è preferibile tenerlo in panchina? Sarebbe clamoroso, d’accordo, ma almeno utile alla squadra azzurra che potrebbe essere molto più incisiva contro le piccole se Higuain non venisse lasciato da solo. Basterebbe girarsi e guardare sulla panchina, dove siede pacifico Duvan Zapata, il potente colombiano richiesto da mezza Europa. Quest’anno è stato utilizzato solo 10 volte, con 393 minuti giocati ed una media di 39,3 minuti a partita. Ciò nonostante ha messo a segno 2 gol in campionato (1 ogni 58 minuti in serie A) e tutte le volte che viene lanciato nella mischia cambia il senso del match. Domanda: sarà possibile vedere in campo (qualche volta) dal primo minuto Zapata e Higuain? Ci scusiamo per la puerile domanda, però ormai siamo davvero in tanti a chiederci “perché no?”
Fonte: Raffaele Auriemma per TuttoMercatoWeb
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