In fondo contava portare a casa uno dei due risultati che il Napoli si era prefissato per la trasferta di Milano. L’obiettivo minimo era il pareggio, anche se il successo avrebbe permesso alla squadra di Mazzarri di vivere con una certa nonchalance le ultime sei giornate di campionato. Sette punti in più avrebbero avuto lo stesso valore di una qualificazione Champions sigillata in cassaforte, mentre quell’attuale +4 costringe gli azzurri ed i propri tifosi a vivere con una certa attenzione almeno per un paio di settimane ancora.
«Soddisfatto della squadra, ma non del risultato», le parole di Mazzarri sono il frutto della sintesi di una partita più che dignitosa, giocata in casa della diretta concorrente e che poco ha impensierito la retroguardia azzurra nel corso dell’intera durata del match. Ecco perché il verbo riflessivo «accontentarsi» mal si coniuga con il sentirsi completamente appagati. D’accordo, alla vigilia di Milan-Napoli tutti quelli che hanno a cuore le sorti della formazione azzurra avrebbero sottoscritto l’1-1, nella consapevolezza della «rimontona» fatta dal Diavolo in questo abbrivio di 2013. Però, ogni partita ha una storia a sè e quella del Meazza racconta che il Napoli ha avuto il solito approccio soft, rinunciando ad offendere e limitandosi ad aspettare l’avversario nella propria metà campo. Cioè, giusto il contrario rispetto a ciò che aveva chiesto Mazzarri alla vigilia del match. Peccato, però, che dopo l’espulsione di Flamini non si sia schiacciato il piede sull’acceleratore e pure il Milan nella propria area di rigore.
Qualcuno ha detto che la squadra bene ha fatto a contenere il proprio istinto ed evitare il rischio di sbilanciarsi al cospetto di un Milan ridotto nel numero, ma con Abate, Niang e Pazzini pronti a sfruttare le ripartenze. Ma non corrisponde a ciò che ha fatto Mazzarri alla sua fornazione nei minuti finali: gli ha dato la trazione anteriore, tenendo in campo contemporaneamente Cavani, Hamsik, Insigne e pure Calaiò. Divergenza di vedute? Assolutamente no. E’ una questione di spirito, di scorza, di spessore caratteriale che fa difetto soprattutto nei calciatori leader del Napoli. Vedere un campione come Hamsik girovagare spaesato sempre nelle stesse partite, un po’ fa rabbia e per il resto ci rende consapevoli del perché il Napoli non ha ancora tutti i numeri per puntare allo scudetto. Quest’anno è andata così ed il prossimo come sarà? Il campionato è ancora vivo eppure De Laurentiis potrà già programmare la futura stagione. Il patron si è mostrato sorridente ed abbronzato nella tribuna Vip dello stadio Meazza, esultando e ballando al ritmo scandito dai quasi 10mila tifosi azzurri presenti nell’impianto di San Siro. L’immagine ha consegnato al mondo partenopeo un’idea di serenità, di sicurezza e di consapevolezza di ciò che è il Napoli oggi: una squadra forte, tanto forte da essere l’unica in grado di contrastare lo strapotere della Juventus, eppure bisognosa di una potente iniezione di personalità per fare il definitivo salto di qualità.
La domanda è: cosa ha in mente il presidente? Riuscirà a strappare a Mazzarri la firma per altri due anni in panchina? Farà una campagna acquisti tale da permettere al Napoli di scalare l’ultimo, difficile gradino, sì da diventare un top club che possa lottare ogni anno per lo scudetto e per fare una bella figura nelle competizioni europee? Il futuro è adesso e tutta Napoli trattiene il fiato in attesa di conoscere la strategia tecnica del presidente De Laurentiis. Il bivio è lì, ormai a poche domeniche dalla fine. Una strada si sa dove conduce, ma l’altra, quella che il club dovrebbe percorrere senza Mazzarri, è irta di insidie e con l’orizzonte indefinito. Chissà se tutti hanno compreso quanto delicate saranno le prossime settimane del Napoli.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
La Redazione
L.D.M.
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