Due mesi di tempo per dimostrare di non essere tanto da meno. Rispetto alla Juventus, che arriverà al San Paolo il 27 settembre, quando il mercato sarà chiuso già da un mese ed il Napoli potrebbe aver digerito per intero gli insegnamenti di Maurizio Sarri. Lasciamo perdere lo scudetto, è un argomento che va evitato per il pudore che necessita il biennio di sperperi e illusioni vissuto con l’animo speranzoso, prima ancora che amareggiato. Però sulla carta la squadra c’è, è diventata tale con una politica accorta di acquisti a metà strada tra le antiche certezze e le giovani promesse. Non saranno di certo le cessioni di Britos, Zapata o Gargano ad indebolire un organico già forte di talenti come Higuain, Insigne, Mertens, Callejon, Hamsik e Gabbiadini e sul quale sono stati inseriti sei pezzi per nulla scadenti. La ventilata italianizzazione non c’è stata (5 su 6 sono stranieri), anche se Allan, Hysaj, Gabriel e Reina hanno avuto esperienze più o meno lunghe nel campionato italiano. Tali da evitare che subissero il contraccolpo di una realtà calcistica completamente diversa da quella di loro appartenenza. Finora Aurelio De Laurentiis ha investito quasi 35 milioni, a fronte di un incasso da 1,2 milioni per Gargano, oltre ai 3 milioni di valutazione dati a Britos nell’affare Allan con l’Udinese. Soldi ben spesi? Apparentemente sì, ammesso che nessuno di loro subisca il contraccolpo del salto ad ostacoli che costringe da sempre la maglia del Napoli. Dovrà essere Sarri il primo a dimostrare (e poi a trasmettere al gruppo) di essere pronto a queste dimensioni, magari creando un “comitato di salute” all’interno della squadra e nel quale coinvolgere non solo il capitano, ma anche i big che determinano l’umore dello spogliatoio. Se pure il Napoli non facesse altri acquisti (ma li farà) e se rimanesse con questo organico alla scadenza del 31 agosto, allora sarebbe giustificata l’etichetta di squadra accreditata a far parte della prossima Champions League. Più dell’Inter e del Milan. Sissignori, molto più delle tante reclamizzate milanesi, che espongono quotidianamente acquisti in una vorticosa girandola che illumina gli entusiasmi, ma chissà quanto anche il campo di gioco. Vogliamo parlare dell’Inter? Il coach Mancini aveva detto che gli servivano 8 nuovi acquisti, sembrava una battuta ed invece era una clamorosa verità. Beato lui che ha una società pronto ad accontentarlo in ogni desiderio, anche in quelli che improvvisamente smettono di essere tali. Non so quanti altri club avrebbero accettato in maniera silente il dietro front su Podolski e Shaquiri, due rinforzi fortemente voluti da Mancini a gennaio, per poi essere da lui stesso ripudiati di lì a pochi mesi. Argomento Milan: potranno due attaccanti, Bacca e Luiz Adriano, ancora da verificare, ma rendere il Milan una squadra che improvvisamente passi dal decimo al terzo posto? No, decisamente no, a meno che non arrivi Ibra entro la fine del mercato. Da Roma a Milano, le geografia in parte cambia. Per la Roma vale lo stesso ragionamento del Napoli, un organico che ha dimostrato di essere competitivo e potrà confermare di esserlo ancor più se dovesse arrivare la punta centrale che manca. La Lazio-rivelazione della scorsa stagione aspetta il preliminare di Champions per allargarsi sul mercato e comunque dovrà vivere lo stress delle tre competizioni. Ecco perché il Napol ha il dovere di lavorare nei prossimi due mesi con l’idea di non essere tanto da meno rispetto alla Juve, ma battersi per diventare la migliore di quelle che puntano alla zona Champions.
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