E’ il calcio del Terzo Millennio e bisognerà farsene una ragione: è un ritiro scaglionato, che comincia il dieci luglio (a Castelvolturno) e quando s’è chiuso (il 30) sta ancora aspettando che tornino i «reduci» dal Brasile. E’ il modernino universale d’un mondo che produce eventi alla catena di montaggio: ma quando si comincerà seriamente, il 19-20 agosto con i preliminari, mettendo in palio non solo il prestigio ma anche un bel po’ di soldi e l’umore cittadino, Higuain avrà appena dodici giorni di preparazione e come lui Fernandez e Henrique ed Andujar.
L’ATTACCO. Non vanno i centravanti, perché l’attacco funziona: e quindi non vanno né Zapata e né Michu, eventualmente i terminali per la prima sfida pesante. Sono diversi, anche se simili; sono fisici, muscolari, pesanti, da snellire nella corsa, che si slancerà con l’arrivo dei carichi più leggeri (anche se quelli pesanti non appartengono alla cultura del Benitez attuale). Non va quel colombiano che pure ha dimostrato di aver capito parecchio del calcio italiano e di quello dell’allenatore iberico, non va ancora lo spagnolo al quale il campo è mancato per parecchio tempo e con il quale bisogna familiarizzare gradualmente.
LA REGIA. E poi non va ancora come dovrebbe Jorginho, che ha il mandato di prendersi il Napoli sulle spalle, per farlo decollare spintonandolo dal basso: ma finora ha giocato sempre corto, raramente di prima, il tocco di troppo e perlatro in orizzontale. E quel regista illuminante che si è presentato nel gennaio scorso, date a me la palla e poi via a vibrare senza, è rimasto soffocato dalla preparazione o dal caldo o dal pressing avversario (quello del Barça, per dire) o anche dalla presenza di Iniesta, a cui un prezzo per stargli vicino si può anche pagare in termini di autorevolezza.
LO SPRINT. E poi non va ancora Insigne, appena su livelli di sufficienza: ma perché il lavoro a cui è costretto gli toglie non energia ma anche lucidità e perché poi avendo il Napoli cura, adesso, della fase difensiva, viene meno fluida la manovra verticale e la ricerca della profondità; e non va neanche il Mertens a cui Napoli sè legato, perché si sta allenando da una decina di giorni e quelli come lui hanno bisogno di avvertire i muscoli bollenti, per forzare ed allungare, dunque ancora due settimane almeno. Però i centoquattro gol – complessivi – dell’anno scorso tolgono a Benitez qualsiasi preoccupazione per il futuro: nell’immediato, invece, prsentandosi il premilinare tra due settimane, l’ala su cui poggiare resta Callejon e il nuovo Hamsik è già garanzia.
ESTERNI. Se poi non vanno sulle corsie, c’è un motivo essenzialmente atletico che non alimenta preoccupazione: perché Zuniha ha ricominciato tardissimo – e a non a caso non ha mai cominciato una partita – e Ghoulam, come il colombiano, chiede semplicemente di allenarsi. Perché poi Benitez ha preferito lasciare il Napoli in laboratorio: a destra ha concesso minutaggio a Mesto ed a Maggio, alternandoli per capire a che punto fossero; ed a sinistra ha invece lasciato che si calasse nella parte Britos, a questo punto il centrale difensivo alternativo con maggiori possibilità di restare, avendo dimostrato di sapersi adattare pure da quarto, quindi offrendo all’allenatore una soluzione in più. Non va neanche quel mini-tentativo di 4-3-3 o di 4-1-4-1: cambiare (adesso) non è un’ipotesi.
fonte: Corriere dello Sport
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