Il trionfo della normalità. In semifinale di Champions approda una squadra che per comprare deve prima vendere, che non può permettersi 10 milioni di euro di ingaggio per un giocatore, che ha un fatturato che ruota (in gran parte) sugli incassi da stadio e gli introiti televisivi. Insomma difficile non poter simpatizzare per i colchoneros, l’altra faccia di Madrid che non può competere per budget, entrate, diritti tv, sponsor con Real, Barcellona, Chelsea, Bayern Monaco, Psg o Manchester United.
Con simpatia, è vero, ma anche con un pizzico di sana invidia: l’Atletico Madrid dei miracoli ha tanti punti in comune con il Napoli. Per prima cosa, Rafa Benitez: il papà Francisco, albergatore, lo portava al Vicente Calderon a vedere la Liga ancor prima che Rafone rimanesse incantato dal Santiago Bernabeu. Chissà se il giovane Benitez tifava Atletico o Real. Di certo, guarda con una certa ammirazione all’impresa di Diego Simeone. Anche lui, nell’ultima estate, ha visto andar via, il migliore: l’estate scorsa Radames Falcao (acquistato per 35 milioni) è stato venduto al Monaco per 65 milioni di euro. Nessun dramma: viene promosso Diego Costa titolare e il gioco è fatto. Nel frattempo, per due milioni, arriva David Villa e il cerchio si chiude.
L’Atletico Madrid ha un monte ingaggi di 65 milioni di euro; il Napoli paga stipendi per 10 milioni di più (ma qui entra di mezzo pure una tassazione che in Italia è assai più gravosa di quella spagnola). Resta il dato curioso. Come quella che riguarda i fatturati. Napoli e Atletico Madrid sono quasi alla pari: 116 milioni gli azzurri, 120 milioni i castigliani. L’Atletico Madrid gioca nel campionato più squilibrato d’Europa dove ci sono due corazzate che spendono in stipendi circa 220 milioni di euro all’anno. Loro si fermano a 65, un terzo esatto delle due big; d’altronde Real e Barcellona incassano oltre il 65% del totale dei diritti televisi lasciando le briciole alle altre. Per l’esattezza, all’Atletico nel 2013 sono andati circa 41 milioni.
Non sono solo rose e fiori: la Liga è indebitata in maniera spropositata. E lo è pure l’Atletico Madrid che deve al fisco spagnolo, per tasse arretrate, 180 milioni. Che deve saldare entro luglio.
Storie in parallelo, quelle tra Atletico e Napoli: anche la squadra del Cholo Simeone era scivolata in serie B, travolta dai guai dello storico padrone Jesus Gil. Poi la salvezza con l’arrivo alla presidenza nel 2002 di Enrique Cerezo. Sapete che mestiere fa? Il produttore cinematografico.
La svolta a Natale del 2011 con l’arrivo dall’Argentina di Simeone. Il Cholo è eroe di vari mondi (River, Lazio, Inter, Atletico, ma anche Catania e Pisa) con le idee chiarissime, i principi saldissimi, il carattere fortissimo. L’Atletico, dopo 16 giornate di Liga, era decimo a -21 dal Real capolista, eliminato dall’Albacete in Copa del Rey, depresso, sfiduciato, rassegnato. 27 mesi dopo, il Cholo ha portato Europa League, Supercoppa Europea, Copa del Rey. È in semifinale di Champions e guida la Liga. Non a caso, poche settimane fa Simeone si è lanciato in un proclama sociologico: «Noi costituiamo una speranza in questi tempi difficili. Diamo fiducia alla gente che lavora, che ha mezzi limitati, che lotta contro qualcosa di più grande».
Fonte: Il Mattino.
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