C’è voluta una notte intera per convincersi, alla fine l’orgoglio dell’atleta ha dovuto arrendersi. Il sogno olimpico di Antonietta Di Martino è inciampato sulla zampa d’oca: la lesione alla muscolatura flessoria del ginocchio sinistro, l’arto dello stacco, la terrà lontana da Londra 2012. La fumata nera è arrivata in mattinata, quando Massimiliano Di Matteo, marito e allenatore, ha annunciato il forfait dell’atleta. Il controllo medico effettuato a Pavia non le ha dato scampo: l’esito degli esami comunicatole dal prof. Francesco Benazzo ha tolto ogni speranza.
Con caparbietà, la stessa che ha fatto della saltatrice un’araba fenice dopo ogni infortunio, ha provato a resistere. Poi ha ceduto. «Mai avrebbe mollato – afferma Di Matteo – sull’aereo ci sarebbe salita anche su una gamba sola. Antonietta è fatta così, ma la grinta che l’ha sempre contraddistinta stavolta non l’è servita. Purtroppo, è stata curata in maniera superficiale: una campionessa del suo calibro avrebbe meritato maggiore attenzione da parte della Federazione e dello staff medico che ha seguito il caso. In altri Paesi è così, in Italia no».
Lei, primatista italiana nell’alto con 2.04, oro europeo indoor a Parigi, argento ai mondiali indoor in Turchia e bronzo nell’edizione in Corea, non ha voglia di parlare tra rabbia e amarezza. «Ora ha solo bisogno di stare tranquilla e ritrovare serenità – aggiunge il tecnico e consorte – ha una grande fede e supererà anche questi brutti momenti. Ma resta il grande rammarico per l’approssimazione con la quale sono state gestite la sua preparazione e, soprattutto, diagnosi e riabilitazione».
Il calvario comincia a fine aprile: a Tenerife, in Spagna. Antonietta si fa male al collo durante un allenamento, resta bloccata qualche giorno prima di riprendere il lavoro e fermarsi per il crac all’articolazione. «Sarebbe bastato avere accanto un fisioterapista e osteopata: con ogni probabilità lo scompenso posturale è stato la causa dell’infortunio al ginocchio. Le diagnosticarono una semplice lesione muscolare, trascurando una grande e problematica infiammazione che ne ha messo a repentaglio la salute. Ha svolto un percorso riabilitativo non adatto alla sua patologia e la rieducazione ha peggiorato le cose».
Sarà costretta a operarsi ancora una volta dopo l’intervento alla caviglia del 2004? «Non lo so, valuteremo. A settembre si vedrà. Intanto, speriamo di ricevere presto delle scuse da chi all’interno della Fidal aveva competenza nel seguire la vicenda. Anche in forma privata, ad Antonietta non interessa spettacolarizzare la cosa – conclude Di Matteo – non restituiranno all’atleta la possibilità di partecipare alle Olimpiadi ma, almeno, allevieranno in parte il suo dolore». Carriera finita? «Niente affatto. Ora è importante solo che si riprenda al più presto».
Intanto la Fidal ha affidato a un comunicato l’esito della vicenda: «La scelta, maturata in seguito alle risultanze degli esami sostenuti alla clinica ortopedica di Pavia (e della visita effettuata dal prof. Benazzo) – si legge nella nota – è frutto delle condizioni in cui l’azzurra versa dopo l’infortunio patito a Tenerife ad aprile». In serata lo stesso prof. Franco Benazzo (che ha operato l’atleta alla caviglia nel 2004) però aggiunge: «Sono molto dispiaciuto per Antonietta che è venuta da me dicendo di aver sentito un croc in allenamento dieci giorni fa. Ha subìto quello che viene definita una volgare rottura meniscale. Di più non si poteva fare: anche se l’avessi operata subito non sarebbe andata ai Giochi».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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